Era un’istituzione a Palermo, luogo di divertimento frequentato da grandi e piccoli, punto d’incontro per serate piacevoli in compagnia di amici, tra montagne russe, bar e ristoranti, piazzali e padiglioni con esposizioni di jeep, bolidi e moto. La Fiera del Mediterraneo oggi non esiste più. Una “morte” che ha lasciato un grande vuoto, nei cuori dei palermitani e soprattutto da un punto di vista economico. Un buco, una voragine di 18 milioni di euro dovuta alle cattive amministrazioni, agli sprechi, a deficit mai sanati. È quello che racconta l’ex direttore commerciale dell’ente, Francesco Guttadauro, assumendosi in toto la responsabilità del j’accuse: “Siamo arrivati a questo punto a causa della pessima gestione di Stapino Greco. Se il bilancio della Fiera era negativo, lui ha dato il colpo di grazia”.
Guttadauro, licenziato a giugno dello scorso anno, ammette di aver avuto contrasti con Stapino Greco, ex commissario straordinario nominato nel 2001, e incalza: “La Regione non ha mai stanziato fondi per la Fiera. È anche per questo che nel 2004 il debito ha raggiunto i 10 milioni di euro. Uno stato di coma che si è trascinato fino ad oggi. Basterebbe solo che la Regione sfruttasse i fondi POR in progetti di risanamento. La Fiera è uno strumento economico importante per la città, se fosse gestito in maniera decente porterebbe turismo tutto l’anno. Non si può pensare di chiuderla”.
Eppure il quadro che si presenta, superando l’ingresso di via Sadat, non è dei più confortanti: stand fatiscenti e palazzine vuote sembrano gli unici superstiti. Ma qualcuno c’è ancora. Per la precisione 34 impiegati, presenti ogni giorno da un anno e mezzo sul posto di lavoro senza mansioni da svolgere. Un paradosso, se si pensa che per anni la Regione non ha mai finanziato manifestazioni né attività fieristiche di alcun genere e oggi, in un momento tanto delicato, concede un milione di euro per pagare gli stipendi dei dipendenti.
Claudio Lipari, assunto alla fiera nel 1998, spiega come ci si senta inutili a sedere dietro la propria scrivania e passare le giornate a chiacchierare: “Molti si lamentano perché lavorano troppo e non vengono pagati. Noi abbiamo il problema opposto, riceviamo lo stipendio per non fare niente. È alienante”. Si fa portavoce di un malessere condiviso anche dagli altri colleghi. Racconta dei pignoramenti da parte dei creditori, del disinteresse politico più che amministrativo: “Spettava alla Camera di commercio, in quanto socio fondatore della Fiera e alla Regione suo ente di controllo verificare il buon andamento dei lavori, invece di chiudere gli occhi e portarci al fallimento. È anche vero che abbiamo avuto dei commissari straordinari poco parsimoniosi. Ad esempio Stapino Greco”.
E l’ex commissario, in carica fino all’ottobre 2003, si difende dalle accuse mosse nei suoi confronti elogiando la sua capacità di gestione: “Io sono riuscito a far diventare il quartiere fieristico appetibile per tutte le fiere italiane. Organizzavo una manifestazione al mese. Sono stato condannato dalla Corte dei Conti per non aver saldato gli oneri, ma con quello che incassavo preferivo pagare i dipendenti. Non avevo soldi per tutte le spese”.
Parla lentamente Stapino Greco e racconta di come la sua ascesa in politica l’abbia portato alle dimissioni: “Ad un certo punto mi sono trovato da solo. La mia crescita politica ha dato fastidio a molti. Ogni provvedimento proposto all’Ars in favore della Fiera veniva contrastato anche da chi avrebbe dovuto sostenermi. Quando ho capito che pur di colpire me avrebbero attaccato e distrutto la Fiera, mi sono dimesso”.
Nel frattempo sono diverse le opinioni sul destino dell’ente: secondo alcuni bisognerebbe liquidarlo per creare una società ex novo, altri favorirebbero la privatizzazione. L’unica certezza, al momento, è scritta a lettere cubitali su un cartello appeso al cancello d´ingresso: “La Fiera è chiusa”.