CATANIA – L’hanno già battezzato il “regista colto” del cinema di nuova generazione. Massimiliano Russo, catanese, 28 anni non ha solo l’aspetto del cineasta posato, e al contempo geniale e intelligente. Il suo primo film, “Transfert”, già uscito nelle sale, ha stregato pubblico e giuria dell’ultima edizione del concorso Taormina Filmfest.
Il lungometraggio, girato interamente fra Catania e Modica, ha fatto cassetta di premi aggiudicandosi il Taormina Arte Award, per il “Migliore Attore”, conferito al siracusano Alberto Mica, protagonista del film, e consegnato da Maria Grazia Cucinotta allo stesso Russo durante la cerimonia conclusiva della manifestazione. Non solo. Transfert” è fra i titoli italiani più premiati di quest’anno (ad oggi 13 premi vinti e 10 nomination in vari festival nazionali ed internazionali), e molto apprezzato dalla critica e dal pubblico.
Il film è un avvincente thriller psicologico frutto di una passione sconfinata per il cinema, ma anche di studio e anni di gavetta. “Il film sta a metà strada fra il thriller e il dramma. Anche se poi la struttura volge direttamente nel thriller, ci è sembrata infine quella la più adatta per questo genere di film. Ma inizialmente l’intenzione era semplicemente quella di farne un bel film e di raccontare una storia, appunto”. È un audace viaggio nella mente umana, dove s’intrecciano drammi interiori esistenziali, e colpi di scena. “Un mio amico è psicoterapeuta – ci racconta ancora il regista – Tutto è nato da una serie di provocazioni e di confronti con lui. Iniziai a chiedergli se mai dovesse succedere questo nel tuo studio, oppure cosa faresti se accadesse questo. Da lì e nato l’embrione iniziale della trama che poi abbiamo sviluppato fino ad arrivare a questa sceneggiatura”.
Nella sua formazione si mescolano le influenze di Roman Polanski e di Stanley Kubrick. Russo è un perfezionista che non lascia nulla al caso, che segue passo dopo passo la produzione del suo film. Il giovane cineasta ha infatti firmato la sceneggiatura del film oltre che il montaggio e la regia. Ed è anche uno degli attori del film. “Spero un giorno di non dover firmare anche il montaggio di un mio film. Ma occorre conoscere ogni dinamica della realizzazione di una pellicola. Capire come funziona ogni cosa. A partire dalla pre-produzione, produzione, post produzione e distribuzione. È naturale che per apprendere tutto questo occorra fare molta gavetta, frequentare festival ma anche banalmente andare al cinema e parlare con addetti ai lavori. Documentarsi il più possibile, insomma”. E se dovesse dare un consiglio a un giovane catanese che desidera fare il regista. “La disinformazione può nuocere, ecco. Un aspirante regista deve sapere un po’ tutto di ogni disciplina”.
Una componente nuova che viene fuori dal film – girato interamente tra Catania, Modica, Acicastello e Riposto – è inoltre l’assenza di sicilianità. La Sicilia rimane, infatti, abbastanza sullo sfondo: tutto è basato sulle dinamiche relazionali. “È stata una scelta, per dare una rappresentazione di Catania e quindi della Sicilia diversa dai soliti cliché. Quella che appare è una Catania atipica, grigia, misteriosa e inquieta”, spiega.
Il film è inoltre stato realizzato da una giovane squadra composta quasi interamente da siciliani. “La fortuna di questo film è che avevamo una squadra di giovani molto capaci. E questo ci ha permesso di andare avanti come un treno. Il film uscito ha iniziato ad andare bene fino ad ottenere una buona distribuzione nelle sale e per diverso tempo. È un piccolo miracolo del cinema indipendentemente. E nessuno di noi se lo aspettava.