La 'strage di Catenanuova' |Confermato ergastolo per Salvo - Live Sicilia

La ‘strage di Catenanuova’ |Confermato ergastolo per Salvo

Il difensore, Giorgio Antoci, pronto a ricorrere in Cassazione.

Corte d'Assise d'Appello
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CALTANISSETTA – Ergastolo confermato dalla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta per Giampiero Salvo, figlio del boss catanese Giuseppe “U Caruzzeri”, accusato di essere uno dei killer di quella che è stata definita dai cronisti la “strage di Catenanuova”. I giudici di secondo grado hanno confermato la condanna a 15 anni anche per l’altro imputato, il collaboratore di giustizia Filippo Passalacqua, diventato pentito durante il processo di primo grado. La notte del 15 luglio 2008 due sicari armati di pistola e mitraglietta con il viso travisato dai caschi si presentarono davanti al bar di corso Vittorio Veneto e spararono una raffica di proiettili. Nell’agguato morirono Salvatore Prestifilippo Cirimbolo e restarono ferite altre 5 persone. Le indagini dei carabinieri di Enna e le dichiarazioni di alcuni collaboratori portarono a determinare che l’omicidio sarebbe maturato nell’ambito della criminalità organizzata e più precisamente per volere del clan Cappello che a Catenanuova avrebbero creato una cellula criminale.

La Procura Generale aveva chiesto, dopo una lunga requisitoria, alla Corte d’Assise d’Appello la conferma della sentenza di primo grado per tutti e due gli imputati. Sono servite invece due udienze al difensore di Giampiero Salvo, l’avvocato Giorgio Antoci, per discutere. Nella sua arringa ha mosso dubbi sull’attendibilità del collaboratore e imputato Filippo Passalacqua, ex cognato del suo assistito. Le dichiarazioni del collaboratore era state considerate non attendibili – ha ricordato Antoci alla Corte d’Assise d’Appello – anche dal Tribunale del Riesame che aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Massimiliano Salvo, fratello di Giampiero Salvo, accusato da Passalacqua di omicidio. Ma non sarebbe l’unico collaboratore ad avere “pecche” di attendibilità. Antoci ha ricordato che Gaetano D’Aquino, ex killer del clan Cappello, durante il controesame nel processo di primo grado per giustificare una contestazione avanzata dal difensore aveva parlato del momento di sofferenza dovuto alla morte del fratello in un incidente stradale. Ma il fatto era accaduto a dicembre 2010, il verbale che l’avvocato Antoci stava contestando era invece del mese di ottobre. A quel punto D’Aquino si riparava dietro il dramma psicologico dovuto alla scelta di entrare nel programma di collaborazione e comunque assicurava che quanto aveva detto in dibattimento sugli autori dell’omicidio era stato già specificato in un block notes consegnato alla magistratura di Catania. Tra i vari punti che smonterebbero la tesi accusatoria secondo l’avvocato catanese vi sarebbero i racconti dei testimoni oculari che descrivono i due killer come persone di altezza normale, una più bassa e una più alta. Giampiero Salvo è alto più di un metro e novanta ed è una figura imponente, di cui però nessun testimone oculare racconta di aver visto quella maledetta notte.

Si dovranno attendere le motivazioni, ma il ricorso per Cassazione da parte dell’avvocato Antoci appare quasi certo. Giampiero Salvo per motivi di salute si trova agli arresti domiciliari.

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