CATANIA – I doni li hanno scambiati sotto l’albero di Natale, ma di sicuro non hanno allestito il presepe. E’ un periodo di riposo e di festa senza connotazioni di tipo religioso quello vissuto dai tanti atei e non credenti catanesi. Filippo Giurbino, coordinatore del circolo catanese dell’Uaar (Unione Atei, agnostici e Razionalisti), racconta così il suo Natale e scherzando dice: “Anche noi ci godiamo le feste e tecnicamente anche l’albero ci potrebbe anche stare perché l’origine è nei paesi scandinavi, che tutto erano meno che cattolici”. Il suo tono, però, cambia quando analizza l’accoglienza che Catania riserva loro. “La città vive male la nostra presenza”, dice Giurbino. Più che un corpo estraneo: “un corpo da ignorare”. “Lo dimostra la recente esperienza legata alla mostra di Sergio Staino”.
Il riferimento è alla mostra di vignette di satira religiosa che l’associazione ha allestito nei locali di Gammazeta. Un buon successo di pubblico e un’occasione per riflettere sul valore della satira, ma anche un banco di prova per le istituzioni a misurarsi su un tema “scomodo”. Senza far polemica, Giurbino ripercorre comunque le tappe della vicenda. L’idea iniziale era quella di chiedere una sala alle istituzioni.
“Parliamone è una cosa delicata”, gli è stato risposto. Poi “sono iniziate le telefonate e il muro di gomma, il silenzio e le chiamate senza risposta: se non ci fossimo rivolti a un privato di buona volontà, l’officina Gammazeta, non avremmo mai allestito la mostra in un luogo pubblico, questo è sicuro”, commenta amaramente Giurbino. La sensazione è che la tendenza più radicata sia quella di “mettere le mani avanti per non urtare la sensibilità di qualcuno”. Anche se a conti fatti, e vignette alla mano, “non si trattava nemmeno di cose così feroci”. “Si è persa un’occasione: Staino è un nome importante nel panorama nazionale, con lui abbiamo parlato della funzione della satira”. “La fame di questi argomenti c’è, ma le istituzioni sono sorde rispetto a questo sentire”.
Non che ci siano state imposizioni da parte delle autorità ecclesiastiche, piuttosto un modo per “mettere le mani avanti”. Ma l’impegno dell’associazione non si arresta. “Da circa un anno stiamo portando avanti con altre realtà associative il discorso della sala del commiato, una cosa che per legge andrebbe istituita in tutti i comuni”, spiega l’attivista. Si tratta di un luogo pubblico messo a disposizione di non credenti o appartenenti a religioni diverse da quella cattolica per “l’ultimo saluto”.
“Una cosa che ci sta a cuore”, per questo si va avanti nonostante “rinvii e promesse”. “Quantomeno ne abbiamo parlato e ci hanno detto ‘vedremo’ anche se a oggi è tutto fermo”. Non c’è in ballo soltanto il comune di Catania, ma le richieste sono state avanzate anche nelle realtà di Pedara e San Giovanni La Punta. “L’atteggiamento delle amministrazioni è di prudenza: non si vogliono sbilanciare”, spiega Giurbino. In fondo si tratta di un modo per consentire ai “credenti di altre religioni non soltanto per atei e non credenti” un luogo dove amici e parenti possano pubblicamente dire addio ai loro cari. All’interno dell’associazione del resto ci sono diversi “celebranti laici” che battezzano o sposano persone non cattoliche. “Teniamo un corso per assistenti morali non confessionali negli ospedali perché se qualcuno volesse un’assistenza non cattolica non può averla: a Catania non c’è alternativa”, denuncia Giurbino. “Atei e non credenti sono un po’ di più di quelli che si pensa, ma c’è il problema di venire fuori e di dichiararsi pubblicamente”. Un fatto che determina non poche “discriminazioni” sia sul posto di lavoro che in famiglia. Un motivo in più per andare avanti.