CATANIA – Non era Raimondo Maugeri che doveva essere ammazzato per primo nel 2009, ma Nuccio Mazzei, il padrino dei Carcagnusi. Un vertice avrebbe cambiato gli obiettivi di morte di Sebastiano Lo Giudice, capomafia dei Carateddi e detenuto al 41 bis. Il “santapaoliano” fu ammazzato alle 8.30 in via Gelso Bianco, in piena estate. Il suo cadavere fu trovato all’interno di una ditta di demolizioni d’auto. A sparare i quattro colpi che lo ferirono mortalmente sarebbe stato Girolamo Ragonese, imputato nel processo Revenge 3 proprio per questo delitto. Per lui pende una richiesta di condanna all’ergastolo da parte dell’accusa. Il sostituto procuratore Lina Trovato ha affilato i coltelli davanti alla Corte d’Assise di Catania: non ha tralasciato parola, dichiarazione e traccia probatoria nella sua requisitoria.
E nella folle corsa al potere criminale di Ianu u Carateddu che Raimondo Maugeri viene ammazzato. “Lo Giudice – ha affermato la Trovato – è l’Isis della criminalità organizzata catanese. E’ una scheggia impazzita che voleva uccidere tutto e tutti”. Non guardava in faccia nessuno. “Voleva uccidere anche sua madre – spiega la pm – solo perchè si era permessa di avere una storia con un ragazzo di ventitrè anni più giovane. La signora Caterina è scappata da Catania”. I collaboratori di giustizia descrivono Sebastiano Lo Giudice come un “lucido pazzo incontrollabile” che con la pistola e il sangue ha cercato di scardinare l’autorevolezza della famiglia Santapaola. “Si sentiva Totò Reina” – ha detto in aula La Causa parlando di Lo Giudice. E in questa sete di sangue e potere si decreta la condanna a morte per un santapaoliano.
“Amo l’onestà, odio gli sbirri”. E’ la frase che Raimondo Maugeri aveva tatuata, parole sfregiate da una delle quattro pallottole che lo hanno ucciso. E’ un particolare emblematico per capire chi era l’uomo condannato a morte da Sebastiano Lo Giudice. Una caratura criminale di rilievo come raccontano anche i due collaboratori di giustizia Santo La Causa e Ignazio Barbagallo che parlano di Maugeri, come un uomo d’onore dei Santapaola, battezzato da Carmelo Puglisi, davanti al “ghota” dei Santapaola. Maugeri era il reggente del Villaggio Sant’Agata.
L’uccisione sarebbe stata decisa durante un incontro a cui parteciparono Lo Giudice, Orazio Privitera e i Martiddina di Piano Tavola che erano transitati dai Santapaola ai Cappello. A quel briefing operativo era presente anche Gaetano Musumeci, killer professionista dei Carateddi e diventato collaboratore di giustizia. “Ad un certo punto Squillaci ha detto, facciamo una cosa , prima ammazziamo un pezzo grosso di Nitto Santapaola, questo Maugeri, e poi vediamo…”. A quel punto tutto sarebbe stato deciso e pianificato. “Ad ammazzarlo dovevamo essere io e Ragonese” – ha raccontato Musumeci. In realtà Iano Lo Giudice aveva cercato di coinvolgere anche Gaetano D’Aquino nel delitto ma, come racconta lo stesso collaboratore, si sarebbe rifiutato. Raimondo Maugeri era responsabile dell’omicidio del padre e la polizia e soprattutto i Santapaola sarebbero andati subito a cercarlo.
Arriviamo al 3 luglio del 2009. “Ci siamo riuniti – ha raccontato Musumeci – alla Gelateria Il Grande Fratello alle sei di mattina io, Stuppia e Girolamo Ragonese. Due motorini e poi siamo andati ad appostarci sotto casa. Io portavo la moto e Ragonese ha esploso quattro colpi di pistola alle spalle. Lo abbiamo ucciso verso il pigno, lui però si è buttato dentro uno sfasciacarrozze”. I ricordi sono lucidissimi: Ginu U Biondu avrebbe chiesto di avvicinarsi per poter sparare il colpo finale ma la paura dell’arrivo degli ‘sbirri’ fece scappare Musumeci. “Andiamo, andiamo che già ci sono i carabinieri” – avrebbe gridato il pentito. I difensori, la cui arringa è fissata prima della pausa estiva, hanno portato in aula l’ex moglie di Musumeci per smentire il collaboratore: “Gaetano ce l’aveva con Gino, per questo lo accusa”. Ma la fama di Ragonese come killer spietato si sarebbe diffusa in poco tempo. All’orecchio di D’Aquino arrivano i commenti di Finocchiaro sull’agguato a Maugeri: “Gino è stato tosto, non lo ha mollato fino all’ultimo”.
La risposta dei Santapaola al delitto voleva essere chirurgica. “L’idea era quella di eliminare le teste – ha raccontato Santo La Causa – Lo Giudice, D’Aquino e Privitera” e così evitare di scatenare una guerra. Un piano che però viene fermato sul nascere dal blitz dei Carabinieri che a ottobre del 2009 fecero irruzione in una villetta di Belpasso dove era in corso il summit per decidere le azioni contro i Cappello. Un vertice in cui si stava cercando di stilare anche una pax mafiosa Santapaola – Laudani per rispondere alle contromosse armate dei sanguinari Carateddi.
E i verbali dell’inchiesta Summit vanno a finire nel processo Revenge 3 perchè c’è un particolare “inquietante”. Barbagallo diventa collaboratore di giustizia e racconta che proprio due giorni prima dell’assassinio, Francesco Platania aveva visto Gaetano Musumeci e Stuppia in una C3 pluriel, nascosti, con i sedili abbassati. Quei verbali Ianu Lo Giudice li avrebbe letti tanto da ordinare a Musumeci di disfarsi dell’auto e di denunciarne il furto. Quella C3, ha raccontato il collaboratore, era servita per i sopralluoghi dell’omicidio. Come finiscono i verbali nelle mani di un capomafia? Secondo Musumeci li avrebbe consegnati un avvocato.
Pezzo per pezzo tutti i tasselli del mosaico sembrano incastrarsi perfettamente contro l’imputato Ginu u biondu. Lina Trovato, rivolgendosi ai giudici, ha affermato che “la piattaforma probatoria che è stata offerta per valutare, riconosce e affermare la responsabilità di Ragonese è straordinaria”. Straordinaria anche per il “significato di questo omicidio nella storia della mafia catanese”.