CATANIA – Davide Faraone in città: bocca cucita sul Pd. Il Sottosegretario all’Istruzione mette le mani avanti: è in città in veste istituzionale e non vuole rispondere a domande sulle scosse telluriche che attraversano il campo democratico (sempre più ampio dopo l’affaire Articolo4). Faraone dice che è a Catania per parlare di scuola, ma in tanti di certo cercheranno con lui un’interlocuzione in vista della direzione provinciale del partito rimandata alla settimana prossima. Del resto, il nodo dei nuovi ingressi è tutto da districare e il peso di Faraone si farà sentire. La visita etnea dell’uomo di Renzi in Sicilia è incentrata sull’Università.
Accolto dal padrone di casa, il Rettore Giacomo Pignataro, Faraone spiega, a margine dell’incontro istituzionale, il senso della sua presenza nella città etnea. “L’Università del Sud riparte dal riconoscimento di un’eccellenza c’è anche nel Mezzogiorno e non soltanto nel Nord-Centro Italia e dalla consapevolezza che nello stivale delle differenze ci sono e che bisogna operare, da un lato per incentivare e rafforzare le eccellenze, dall’altro per dare la possibilità a chi è indietro di mettersi al passo” argomenta il Sottosegretario. “La mia visita all’Università di Catania ha questa doppia valenza: ho visitato la Scuola Superiore e il centro di fisica, ci sono veramente delle strutture impressionanti, un patrimonio non soltanto del mezzogiorno ma di livello mondiale” dice Faraone.
Che l’Università italiana, e soprattutto meridionale, necessiti di una presa di posizione incisiva lo dimostrano i dati sciorinati con preoccupazione da Pignataro. Il numero di laureati nel nostro paese è di due ogni cento giovani sotto i trentaquattro anni. In Sud Corea sono sessantaquattro, per capirci. “Questo ci dice del bisogno drammatico d’istruzione universitaria che c’è nel nostro paese”, dice il Rettore. Una nazione in controtendenza rispetto al resto d’Europa se si tiene conto che “negli ultimi quattro anni il numero degli immatricolati è sceso del 10%”.
“La maglia nera”, neanche a dirlo, è la Sicilia. Negli anni presi in considerazione dalla statistica, infatti, il numero degli studenti immatricolati, si è ridotto del 30%. “Un dato drammatico che bisogna prendere in considerazione” dice il Rettore che amaramente ricorda le cifre “emblematiche” che fotografano il quadro generale. “In Italia spendiamo cento euro pro capite per l’istruzione universitaria e trecento euro pro capite per il gioco e le scommesse”. In Germania le cifre sono invertite. “Un dato che dà l’idea di come il paese pensa al proprio futuro: si affida il futuro dei propri figli alla sorte” sottolinea Pignataro.