CATANIA – Che Catania sia una città di mare è evidente. Affaccia sullo Ionio, ha il faro e ha il porto. Il rapporto con l’acqua, quindi, dovrebbe esserne parte integrante, imprescindibile, come in ogni città di mare che si rispetti. Ma così non è. A differenza forse di tutte le città con le sue caratteristiche, più o meno identiche, a Catania questo rapporto è interrotto, impedito. La scogliera è impervia, la playa è privatizzata, si potrebbe obiettare. E il porto? La gestione del porto e la sua apertura potrebbe modificare questa condizione di città di mare senza mare, come succede in molte altre realtà. Anche più difficili e caotiche di Catania.
Marsiglia, ad esempio, la città portuale più grande del Mediterraneo. Il porto vecchio, distante fisicamente e visivamente da quello commerciale e crocieristico, occupato da barche a vela e motoscafi, rappresenta il cuore della città. Un luogo magico, animato da centinaia di attività, di strada o sedentarie, e persone. Un fiume di persone. Ai lati decine di locali e ristoranti, tutti rigorosamente pieni, e poco distante la città vecchia, il Panier, il quartiere più antico capoluogo del distretto Alpi- Costa Azzurra- Provenza.
Come Marsiglia anche Genova, Livorno, Palermo. Le città portuali esaltano il porto, solitamente, lo offrono ai cittadini, ai turisti, ai pescatori. Lo aprono al mondo e lo vivono. Catania fa eccezione. Il porto, qui, è separato, avulso dalla città. Rappresenta un mondo a sé di cui poco si parla anche se tanto si vorrebbe sapere.
Sono in tanti a domandarsi perché il porto etneo non sia disponibile, non tanto e non solo per i catanesi, ma per gli stessi turisti che, una volta sbarcati, quando sbarcano, vengono fatti accomodare all’esterno, dove il rapporto con il mare si interrompe, il waterfront è nascosto dagli archi della Marina, dal muro di cinta e, ultimamente, anche dai varchi. A domandarsi perché in una città di mare non ci si possa bagnare i piedi, o acquistare il pesce appena pescato.
Di risposte, però, neanche l’ombra. Tutto sembra tacere. Che il porto non interessi a nessuno? Oppure interessa a tanti, a troppi? Perché, e forse è proprio questo il fulcro della questione, se ci fosse l’interesse, anche minimo, ad aprirlo e renderlo fruibile alla città, questo sarebbe già stato fatto. E invece nulla. Solo proclami su proclami, da parte dell’attuale, come delle passate amministrazioni. Mentre il cemento all’interno del porto come all’esterno (vedi l’ex Mulino santa Lucia) aumenta, mentre nascono barriere, una strada viene chiusa e diventa un parcheggio privato, un edificio storico viene trasformato in centro commerciale. Di aprire il porto, dunque, non se ne parla. Eccettuato qualche timido tentativo rappresentato dalla fiera di sant’Agata o dal mercatino delle pulci domenicale, che sa più di contentino, il porto di Catania rimane un mondo a parte.
Eppure basterebbe poco. Pochissimo. Una porzione potrebbe essere riservata alle attività commerciali e un’altra parte destinata alla città. Come a Marsiglia. Come a Genova. Come in qualsiasi città di mare. Qualche accorgimento, qualche investimento, e il volto di Catania potrebbe cambiare. Come chiedono a gran voce molte associazioni cittadine, che denunciano da tempo gestioni non certo trasparenti di un bene pubblico di cui troppo poco si conosce. Verdi, Sel e il sempiterno Comitato Porto del sole, chiedono un’operazione trasparenza. Che però tarda ad arrivare. Succede sul Piano Regolatore Portuale che, dopo la bocciatura del Consiglio comunale sembra quasi scomparso dal dibattito politico. Succede con il futuro presidente dell’Autorità portuale che sostituirà il commissario Giuseppe Alati e sul cui nome non ci sono certezze. Solo indiscrezioni. Si parla – ne hanno scritto le associazioni di cui sopra – di Cosimo Indaco, già presidente dell’Autorità portuale nel 1994, nominato dal Ministro su designazione del sindaco Enzo Bianco.
È davvero possibile che la nuova gestione venga affidata a chi il porto lo presiedeva già parecchi lustri fa? L’atteso rinnovamento è nominare un uomo del passato? Davvero non esiste nessun professionista, magari con interessi lontanissimi da quelli marittimi o portuali, che possa procedere al sospirato cambiamento? Sulla vicenda sembra aleggiare la solita, sicilianissima, atmosfera gattopardiana del cambiare tutto per non cambiare niente. Eppure, sembra sarà proprio lo spedizioniere il designato del sindaco per sostituire Alati, in scadenza a fine mese. Un’indiscrezione che da mesi aleggia nell’aria e che nessuno si sente di confermare. Nemmeno il sindaco Bianco, o almeno così sembra, date le reiterate richieste da parte di LiveSiciliaCatania di un’intervista chiarificatrice andate a vuoto. La nebbia avvolge ancora l’infrastruttura.
Insomma, il porto non si vede, non si conosce, non se ne parla. Tanto che, a volte, viene il dubbio che Catania un porto lo abbia davvero.