AGRIGENTO – La Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento ha sequestrato e confiscato beni per un valore complessivo di oltre 6 milioni e mezzo di euro, il provvedimento ha riguardato anche la provincia di Catania. Il centro Dia del capoluogo etneo ha supportato i colleghi agrigentini nell’esecuzioni delle misure. I provvedimenti ablativi, tre di sequestro ed uno di confisca, sono stati emessi dal Tribunale di Agrigento, a seguito di dettagliate proposte del Procuratore della Repubblica di Palermo e, per quello afferente la confisca, del Direttore della Dia.
La Procura della Repubblica di Palermo, che ha coordinato le indagini, ha condiviso appieno le risultanze dei complessi ed articolati accertamenti patrimoniali e bancari, svolti dal personale della Dia di Agrigento che, con la dimostrazione di una forte sperequazione economico patrimoniale, ha determinato l’emissione dei suddetti provvedimenti, evitando, così, la reimmissione dei patrimoni illeciti nel circuito dell’economia legale, che avrebbe, quindi, causato l’alterazione del sistema economico.
I provvedimenti hanno colpito i beni riconducibili al noto boss mafioso Giuseppe Falsone, 44enne da Campobello di Licata (AG). Per la parte relativa all’attività catanese il provvedimento riguarda i beni di Ferdinando Bonanno 73enne, nativo di Regalbuto (EN) e residente a Ragalna (CT), deceduto lo scorso mese di marzo 2014.
Bonanno, in data 26.03.2010, veniva tratto in arresto nell’ambito dell’indagine antimafia denominata “Apocalisse”. Era accusato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, in quanto – quale referente della Eurospin Sicilia, impresa con sede a Catania ed operante nel settore della grande distribuzione alimentare – avrebbe consapevolmente posto in essere condotte funzionali alla realizzazione degli interessi e delle attività di cosa nostra, cercando ed ottenendo un preventivo contatto con il vertice mafioso della provincia di Agrigento, segnatamente con persone vicine all’allora latitante di Campobello di Licata (AG) FALSONE Giuseppe Falsone, capo di cosa nostra della provincia di Agrigento, al fine di consentire alla Eurospin una penetrazione commerciale nell’agrigentino, con l’apertura di nuovi punti vendita, senza insidie di carattere ambientale e, anzi, con il decisivo appoggio della menzionata organizzazione criminale.
A tale fine, Ferdinando Bonanno si sarebbe rivolto anche al fratello del noto esponente della famiglia mafiosa di Catania Vincenzo Aiello , e tramite lui a Giancarlo Buggea (già destinatario di provvedimento di sequestro beni operato dalla DIA di Agrigento), elemento della famiglia mafiosa di Canicattì (AG), grazie al quale era riuscito a far pervenire le proposte della società al vertice mafioso della provincia di Agrigento.
Per quanto riguarda l’esito giudiziario, nell’udienza dell’1.3.2011 il Tribunale di Palermo assolveva Ferdinando Bonanno dalle accuse, ma in data 27.5.2013 la Corte d’Appello di Palermo, a parziale riforma della sentenza di primo grado, lo condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Le dichiarazioni rese al riguardo dal collaboratore di giustizia Giuseppe Sardino, uomo di fiducia dello stesso Falsone, trovavano conforto nel rinvenimento di alcuni pizzini nel covo corleonese del noto boss Bernardo Provenzano, dai quali si apprendeva che Falsone e aveva appunto comunicato al capomafia che una ditta di supermercati di fuori provincia “si è venuta a mettere nelle mani della nostra società”, precisandogli che c’era bisogno di creare lavoro per gli appartenenti alla consorteria tramite i supermercati.
Nella circostanza, Giuseppe Falsone aveva chiesto a Binnu di interessare in via preliminare il noto latitante trapanese Matteo Messina Denaro, poiché se questi non avesse avuto interesse all’affare, egli avrebbe dato il benestare per procedere all’apertura di punti vendita Eurospin nella provincia di Agrigento.
Nel provvedimento di sequestro, il Tribunale di Agrigento ha evidenziato come, dalla sentenza con cui la Corte di Appello ha condannato il BONANNO Ferdinando, emergeva chiaramente che l’iniziativa del “patto di protezione” con la mafia era stata assunta da EUROSPIN per l’apertura di punti vendita a Campobello di Licata (AG) ed a Palma di Montechiaro (AG).
Sempre nel provvedimento di sequestro della Prima Sezione Penale del Tribunale di Agrigento, si rileva come dagli elementi acquisiti emerge che l’attività imprenditoriale del Bonnano sia stata fortemente agevolata grazie al contributo decisivo offerto da importanti esponenti mafiosi di cosa nostra agrigentina facenti capo all’allora latitante Giuseppe Falsone.
Il Tribunale ha ritenuto, quindi, sussistenti fondati motivi per ritenere Ferdinando Bonanno inserito nel lucroso settore dell’imprenditoria mafiosa agrigentina, grazie al legame esistente con i principali esponenti della mafia locale, e per ritenere che l’ampliamento della penetrazione commerciale di Eurospin Sicilia, acquisito e mantenuto con l’ausilio del sodalizio mafioso, abbia determinato un incremento del patrimonio aziendale e di conseguenza della partecipazione sociale del medesimo imprenditore.
Tra i beni sottratti ed oggetto degli odierni provvedimenti figurano:
partecipazioni azionarie, corrispondenti al 6% del capitale sociale, del BONANNO Ferdinando nella società EUROSPIN SICILIA SPA, operante nel settore della grande distribuzione alimentare, con sede a Catania e punti vendita in diverse province della Sicilia;
le quote societarie dei figli del Bonanno in una società con sede a Paternò (CT) con oggetto sociale l’attività di commercio all’ingrosso ed al dettaglio di prodotti alimentari;
una ditta individuale riconducibile alla moglie del Bonanno, sempre con sede a Paternò ed oggetto sociale l’attività di commercio di casalinghi, cristalleria e vasellame;
il saldo attivo di 27 rapporti bancari intestati al defunto Bonanno ed ai componenti del nucleo familiare.