CATANIA – Il rito abbreviato del processo “Revenge 3” si è chiuso con una pioggia di ergastoli per i vertici del clan Cappello-Carateddi. Prosegue, invece, il procedimento che si svolge con il rito ordinario in Corte d’Assise. Seduti al banco degli imputati ci sono quattro collaboratori di giustizia: Gaetano D’Aquino, Gaetano Musumeci, Natale Cavallaro e Vincenzo Fiorentino; con loro Biagio Sciuto e Girolamo Ragonese accusati di due omicidi eccellenti, quello di Sebastiano Fichera e Raimondo Maugeri.
L’udienza di oggi ha avuto come protagonista Giovanni Porto indicato dall’accusa rappresentata in aula dal Sostituto Procuratore della Dda Pasquale Pacifico come testimone oculare del delitto di Sebastiano Fichera. L’uomo venne freddato con diversi colpi di pistola in via Cairoli il 26 agosto del 2008 per un regolamento di conti interno al clan “Sciuto-Tigna”. La presenza di Giovanni Porto sul luogo dell’agguato sarebbe emersa da una serie di intercettazioni captate dagli investigatori. Nel corso dell’interrogatorio da parte del pm il teste ha confermato la dinamica dell’omicidio. “Fichera – racconta – è stato accompagnato con uno scooter da un’altra persona che indossava un casco”. Il soggetto in questione però non è stato mai identificato da Porto. Secondo le sue dichiarazioni quel giorno seguiva Fichera a distanza per andare a prendere un caffè insieme. Ad un tratto, riferisce il teste, si affiancò un altro scooter con due uomini a bordo che spararono uccidendolo.
Dall’inchiesta “Revenge 3” la persona con il casco che accompagnava Sebastiano Fichera è stata identificata in Mario Mauceri “u lintinisi” in passato affiliato nella famiglia Santapaola-Ercolano e poi transitato nel clan Sciuto-Tigna diventando in poco tempo uomo di fiducia del boss Biagio Sciuto (imputato nel processo). Mauceri è stato ucciso nel maggio del 2009 ad Agnone Bagni; i presunti killer sono stati arrestati dalla squadra mobile di Catania qualche mese fa.
Un particolare interessante in riferimento a Giovanni Porto, oggi interrogato, è che in fase d’indagine il teste fu messo a confronto con Gaetano D’Aquino. Il collaboratore di giustizia infatti riferisce che ad indicargli i nomi dei killer di Fichera fu proprio Porto, che però ai magistrati non li ha mai rivelati. L’accusa a questo punto si riserva di chiedere alla Corte di disporre un nuovo confronto tra il teste e l’ex reggente del clan Cappello, dopo l’audizione in aula dello stesso D’Aquino.
Nell’odierna udienza era previsto anche l’esame di altri quattro testimoni: la moglie di Raimondo Maugeri e i tre proprietari di uno sfasciacarrozze in via Gelso Bianco nel quartiere “Zia Lisa” di Catania dove venne ammazzato il 3 luglio 2009 Raimondo Maugeri. L’uomo venne raggiunto da diversi colpi di pistola sparati da due sicari a bordo di uno scooter di grossa cilindrata dopo un rocambolesco inseguimento. Maugeri morì pochi minuti dopo nonostante il tentativo di rifugiarsi all’interno proprio dello sfasciacarrozze. La vittima era considerato uno degli eredi dei boss della famiglia Santapaola, all’epoca responsabile per il quartiere “Villaggio Sant’Agata”. Dal suo delitto sarebbe partito un tentativo del clan dei Cursoti con la benedizione di Salvatore Lo Piccolo di destabilizzare la famiglia principale di Cosa nostra catanese. Invece di essere ascoltati in aula come testi le dichiarazioni dei proprietari dello sfasciacarrozze sono state acquisite agli atti del processo, così come la perizia balistica effettuata dal RIS di Messina nella scena del delitto. Il processo continuerà dopo la pausa estiva per permettere la trascrizione di tutte le intercettazioni ricollegabili ai due omicidi.