CATANIA – Davide Chiara torna sulla scena con una storia d’amore incentrato sul complesso ma quanto mai affascinante universo femminile che coinvolge poi anche gli uomini. Nero su bianco, il rapporto che si instaura tra una donna e se stessa. La capacità di volersi bene, di amarsi per poi amare. Senza se e senza ma. Nell’intreccio viene fuori il dramma della donna che affacciandosi al balcone della vita, un giorno, vede il mondo con occhi diversi, quelli della verità, senza false o mezze illusioni. E scopre che la vita, quella vera, è molto lontana dalla realtà che si è costruita e dalla quale vuole scappare. Inizia allora la fuga dal suo passato, dalla sua famiglia e, inevitabilmente, da se stessa.
Come potrebbe pensare una donna? Questo il punto di partenza che ha dato vita alla riflessione di Davide Chiara o meglio, Chiara Davide, per l’occasione, interprete di alcuni punti in comune nella vita di tante donne diverse. L’autore dà voce ad una femminilità di cui ha preso coscienza e che lo porta a manifestare dolcezza. Cosa strana in un uomo. O forse no? “Se non dai niente non rischi di perdere niente. Tranne te stessa”, si legge nel libro. Che tu lettore sia un uomo o una donna poco importa, è inevitabile sentirsi chiamati in causa, trascinati tra le pagine del romanzo. Ed è inevitabile amare – e anche odiare – l’inquietudine che la protagonista incarna nella vita di ognuno di noi.
Da cosa nasce “Tu”?
“Dall’idea di doversi accettare. Nasce da una domanda: c’è una possibilità di cambiamento nella vita? Se tutto ciò che siamo ci rende felici allora è giusto proseguire in quella direzione. Viceversa occorre chiedersi se si può cambiare. E spesso non lo si fa”.
La stesura del testo ti ha portato a compiere una lunga riflessione alla fine della quale a quale conclusione sei arrivato?
“Un cambiamento è possibile se si è nel coraggio di accettare la realtà dei fatti e se abbiamo la forza e la tenacia di cambiare. Mentirsi è più facile … La presa di coscienza ti porta a guardare verso l’evoluzione. Ma perché ci sia un cambiamento reale, poi, occorre che agire costantemente e quotidianamente”.
Possiamo dire che “Tu” è l’opera della maturità?
“Beh, di certo è il frutto di una attenta riflessione che parte da dentro. Non dico cosa sia giusto o sbagliato. Ma ho acquisito la consapevolezza che occorra, nei limiti del possibile, fare ciò che ci fa stare bene, sempre. L’uomo viene al mondo come essere felice, solo dopo si complica la vita. Ed ogni giorno ci nascondiamo dietro strati di apparenza non affrontando la parte più reale”.
La femminilità di cui parli come si manifesta?
“Dalla complessità di una persona di entrare nella mente di qualcuno o di se stessi. La lettura di <Non ti muovere>di Margaret Mazzantini mi ha acceso una lampadina. Sono in grado di calarmi nei panni di una donna? E’stato il quesito che ho rivolto a me stesso. Un grande lavoro di ricerca, un confronto con gli specialisti e lo stile che ho scelto, hanno fatto tutto il resto. Scrivere in prima persona l’ho ritenuta un’invasione dell’universo femminile; in terza persona, mancava di sprint. L’uso del tu, introspettivo al punto giusto, mi ha permesso di mantenere la distanza e continuare a guardare da fuori”.
Davide Chiara Vs Chiara Davide: come ti sei sentito nei panni, per così dire, di una donna?
“Non molto diversamente da come mi muovo normalmente perché credo che in ogni esser umano convivano i due aspetti anche se poi un lato prevale sull’altro. La curiosità e la sensibilità mi hanno spinto a giocare con il mio nome, guardando con onestà quella parte femminile che è in ognuno di noi ma che non sempre riesce a venir fuori”.
Senza l’intenzione di dare definizioni, alla luce della tua esperienza, quale potrebbe essere una differenza tra i due universi?
“Domanda complessa … Le differenze sono tante ma se devo individuare, per grosse linee, uno spartiacque direi che noi uomini siamo banali, prevedibili e schietti; se abbiamo sete beviamo, se abbiamo fame mangiamo, insomma. Le donne, invece, sono dotate di una particolarità molto affascinante e sono complesse anche per le cose semplici”.
A chi dedichi Tu?
“A mia nipote, in quanto piccola donna, che ha compiuto due anni qualche giorno fa ed alla mia compagna, la cui immagine è in copertina, che ho conosciuto prima di iniziare il romanzo”.
Un catanese ormai trapiantato a Roma. Perché il trasferimento?
“Si, l’ennesimo catanese che trova spazio fuori. Io mi occupo anche di sceneggiatura e di certo a Catania non c’erano possibilità. Sono arrivato a Roma da solo ed ho dovuto costruire tutto da zero e con poche certezze. La capitale mi ha offerto delle chance che ho saputo cogliere ma spero sempre di poter rimettere, almeno un piede, in pianta stabile nella mia Catania”.
“Tu” è una domanda ben precisa: siamo sempre in tempo a cambiare e a riprendere in mano la nostra vita, o dobbiamo accettare solo ciò che siamo?
Tu hai la risposta. Semplice, no?