CATANIA – Sarà il valore dell’attività investigativa del Ros di Catania a decidere le sorti del processo per le morti di Angelo Santapaola e Nicola Sedici, inghiottiti da lupara bianca il pomeriggio del 26 settembre 2007. La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Rosario Cuteri, ha sentito due nuovi testimoni appartenenti al Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma. Si tratta del brigadiere Massimo Farruggia e del maresciallo Antonino Nicolosi. Entrambi sono applicati all’attività di ascolto del servizio anticrimine. “Lavoriamo con Area- ha esordito Farruggia- un sistema che ci consente di svolgere attività di intercettazione telefonica o ambientale tramite il server della Procura”. Sotto la lente dei giudici c’è l’accertamento della corretta identificazione delle voci degli intercettati agli atti dell’inchiesta “Iblis”. Perché l’impianto probatorio proposto dai Pm, Agata Santonocito e Antonino Fanara, punta anche su un vasto repertorio di intercettazioni ambientali e telefoniche, oltre che su coordinate geografiche e su video- riprese, per dimostrare in punta di fatto le responsabilità di Vincenzo Aiello, rappresentante provinciale di Cosa Nostra, nell’assassinio del cugino di Nitto Santapaola, reggente operativo della famiglia fino all’anno prima.
Ma le prove non si fermano qui. C’è la presenza accertata di Aiello in tutti i luoghi per cui transitano le due vittime. Fino all’ultimo, nel pomeriggio, non lontano da una masseria in contrada Monaco, nel territorio di Ramacca. Sarà il sito del ritrovamento, quattro giorni dopo, di due cadaveri carbonizzati. Li riconoscono solo le mogli, Grazia Corra e Claudia Crisafulli, grazie alle iniziali incise sulle fedi nuziali. A ripulire la scena del delitto, consumato a colpi di arma da fuoco, sarebbe stato secondo i Pm l’altro imputato nel processo, Salvatore Di Bennardo. Titolare di un autolavaggio a Palagonia, l’uomo è accusato di favoreggiamento. Per l’accusa, oltretutto, “intratteneva rapporti con Franco Costanzo”, il boss calatino condannato a 20 anni di reclusione lo scorso settembre. Tra Aiello e Di Bennardo, quel pomeriggio, intercorsero telefonate proprio nei minuti a cui viene fatto risalire l’incendio doloso dei cadaveri.
“Sulle intercettazioni ambientali- ha detto il brigadiere Farruggia al Pm Santonocito– ci regoliamo per abitudine: si tratta di soggetti che ascoltiamo per anni interi, dunque in ambientale ci comportiamo di conseguenza”. E quando l’ascolto a distanza non basta all’identificazione, interviene il servizio OCP, “Osservazione, Controllo, Pedinamento”: “Entra in azione- ha dichiarato Nicolosi- dopo le informazioni sugli appuntamenti fissati, con sopralluoghi e video-riprese in loco. Il servizio ascolto continua a supportarlo h24 fino al rientro in sede”. Alle intercettazioni telefoniche e ambientali, si è poi affiancato un sistema di video- sorveglianza fisso per gli spazi all’aperto: “Lo abbiamo usato- ricorda il Maresciallo dei Ros- nel locale annesso al distributore di Antonino Bergamo, in località Sferro a Belpasso. Ma anche al distributore Agip di Rosario Di Dio sulla statale 417 e presso la Primefruit di Alfio Maria Aiello”. I verbali dei pentiti Ignazio Barbagallo, Gaspare Pulizzi e Giuseppe Laudani, hanno fatto affermare ai Pm che “Angelo Santapaola muore a causa dell’insanabile contrapposizione che lo divide da Aiello per il controllo degli affari del clan”. I primi affari che hanno diviso i due boss sono quelli relativi ad un’estorsione in danno della cooperativa “Enotria” di Ramacca, e le gestione delle estorsioni nei confronti di Angelo Brunetti e di due imprenditori imputati al processo “Iblis”. Si tratta di Mario Scinardo e Santo Massimino. Santapaola viene accusato di sottrarre i soldi alla cassa della famiglia per i suoi. Aiello viene duramente criticato dal cugino di ‘Nitto’ in un colloquio, riferito nel 2008 da Pulizzi, con il capo mandamento di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo. Fino ai violentissimi alterchi verbali tra i due, come quello a casa di Natale Filloramo. Fu lo stesso Aiello, intercettato nel locale del distributore di Antonino Bergamo, a raccontarlo a Franco Costanzo e ad Alfonso Fiammetta. A gennaio deporranno in Corte d’Assise il maggiore del Ros, Lucio Arcidiacono, e il pentito Santo La Causa, accusato fino all’anno scorso di responsabilità nel duplice omicidio. Prosciolto dal Gip, è pronto ad offrire una versione privilegiata dei fatti in quanto successore di Santapaola nel ruolo di reggente operativo della famiglia.