La Procura di Palermo ha avviato la seconda fase dell’inchiesta sulle tangenti del fotovoltaico dopo l’arresto del deputato Pd Gaspare Vitrano. I magistrati si propongono di ricostruire il “sistema” delle mazzette e la catena di complicità che lo alimenta. Il caso Vitrano non sarebbe quindi isolato ma viene ricondotto a una pratica molto consolidata.
Ne ha parlato per brevi cenni il “mediatore” Piergiorgio Ingrassia, l’ingegnere arrestato la settimana scorsa con Vitrano. E da lui ripartono le indagini con un nuovo interrogatorio fissato per domani al carcere di Pagliarelli.
Pare che Ingrassia abbia manifestato la disponibilità a parlare con i magistrati, i pm Leonardo Agueci e Maurizio Agnello, del “sistema” di corruzione ma anche del “tariffario” imposto per il rilascio delle licenze per nuovi impianti. Tracce di questi meccanismi sono già entrate nell’inchiesta attraverso le conversazioni, registrate dalla polizia, tra Ingrassia e l’imprenditore taglieggiato. Ingrassia ha fatto qualche ammissione durante il primo interrogatorio ma i magistrati si aspettano da lui altri contributi.
Intanto la perquisizione nell’ufficio di Vitrano all’Assemblea regionale siciliana ha fatto ritrovare alla polizia documenti su progetti presentati all’assessorato regionale all’energia. Verrebbe così smentita l’affermazione del deputato il quale ha detto di non essersi mai interessato di impianti di fotovoltaico.