ACIREALE – Acireale, in una delle zone più esclusive, nel 2005 è stata confiscata una villa di lusso, sospesa tra il mare e la collina, a un personaggio di spessore: Giuseppe Cavallaro detto Pippo. In stretti rapporti “solo d’amicizia”, sottolinea lui, con il famigerato clan Laudani.
“Nessuno si è visto”
“Nessuno – dice a LiveSicilia – è venuto a dirmi quale parte della casa sarebbe mia e quale, invece, dello Stato”. C’è un altro colpo di scena, durante il lungo percorso giudiziario, la moglie ha fatto causa e ha ottenuto il riconoscimento che metà della casa sarebbe “sua”. Altro paradosso, questa cosa confiscata è lievitata nel tempo ed è in parte abusiva, “un pochettino allargata”, come dice Pippo. Quindi: quale sarebbe la parte della moglie di Cavallaro? Quella regolare catastalmente, o l’altra?
L'”amico” dei Laudani
“I carabinieri mi hanno accusato di essere appartenente ai Laudani, ma nessuno ha mai fatto il mio nome dicendo che ero dichiarato”.
Quando parliamo del clan Laudani, parliamo di un gruppo di killer spregiudicati, che hanno scritto la storia di Catania col sangue.
Cavallaro ammette di essere stato presente al matrimonio di Salvatore Scuto, il genero del boss dei boss Pippo Laudani: c’erano tutti i pezzi da novanta a quella celebrazione. “Ero presente, ma che c’è di male? La mia verità? È che conosco tutti, dei Laudani, dei Santapaoliani, dei Cappelliani e che mi interessa a me?”.
“Mi hanno assolto dall’associazione”
Subito dopo contesta l’accusa di associazione mafiosa, che gli era stata fatta, “ma senza alcuna condanna”. “Non capiscono niente! Come mi possono contestare l’associazione mafiosa solo perché sono andato, per conto di mio zio, a farmi dare i soldi dicendogli che gli avrei rotto le corna”. Lo “zio” che Cavallaro cita è “Camillo Fichera”, noto esponente della criminalità organizzata acese. Cavallaro conferma di essere andato da “un geometra” a chiedere soldi per conto dello “zio”, questo lo ha portato “a una condanna a 6 anni dei quali ne ho scontati la metà”.
La politica
“Tutti i politici – dice Cavallaro – sono venuti a chiedermi i voti, ma nomi non ne faccio”. Cavallaro è anche un imprenditore potente, si occupa del commercio di pesce con due case del pesce, a Riposto e Grammichele. “A ogni elezione vengono, i loro nomi? Mai, mai!”.
L’altro volto
In quella casa a tre piani che si specchia sul mare di Santa Maria degli Ammalati, Cavallaro ha trascorso la sua vita. Mentre parla, si gira verso un albero. “Lì si è ucciso mio figlio, 18 anni fa – dice con gli occhi lucidi – e mia moglie ha avuto gravi problemi di salute”. E allora, con i 20 anni di lungaggini per la confisca, le sentenze definitive eseguite e Cavallaro che ha scontato la sua pena, al netto di rapporti pericolosi anche “Pippo” rivendica le sue ragioni: “Ci dicano qual è la nostra parte di casa, mia moglie ha vinto processualmente e adesso vogliamo sapere di che morte morire”.