Pierobon, assessore in bilico sentito dai pm sull'affare dei rifiuti

Rifiuti, tra mafia ed emergenza: l’assessore in bilico sentito da pm

Convocato dalla Procura di Trapani venerdì scorso. Nel frattempo a Palermo si continua a indagare sugli interessi di Cosa Nostra nel settore
DOPPIA INCHIESTA
di
3 min di lettura

PALERMO – Assessore in bilico della giunta regionale e persona informata sui fatti per i pubblici ministeri di Trapani che lo hanno convocato venerdì scorso. Alberto Pierobon è stato sentito nell’ambito di un’inchiesta che riguarda il caos rifiuti.

Alberto Pierobon
L’assessore Alberto Pierobon

Emerge, dunque, che le inchieste aperte sono due. Una coordinata dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Paolo Guido, e un’altra dal procuratore aggiunto di Trapani Maurizio Agnello. Due procure che si scambiano le informazioni necessarie.

L’incendio a Trapani

La scorsa estate un incendio ha danneggiato l’impianto di riciclaggio gestito dalla Trapani Servizi in contrada Belvedere. Le fiamme – gli indizi fanno ipotizzare l’origine dolosa – hanno distrutto il Tmb che serve a trattare i rifiuti in ingresso in discarica. Tra il 2018 e il 2019 si è passati da 60 a 99 incendi in impianti di rifiuti in Sicilia.

Da tempo abbiamo posto attenzione su questi fenomeni raccogliendo dei dati che stiamo approfondendo – aveva detto Pierobon subito dopo l’incendio-. Una cosa è certa, il governo Musumeci non arretrerà neanche un millimetro e andremo avanti con l’opera di riforma e riordino del settore”.

Lavori in emergenza

Da qui la convocazione da parte dei pm trapanesi a cui Pierobon avrebbe fornito un quadro utile per capire gli interessi che ruotano attorno all’affare rifiuti nel Trapanese. L’ipotesi è che le fiamme sarebbero state appiccate per approfittare dell’emergenza.

Il contesto locale si intreccia con quello generale su cui indaga la Procura antimafia di Palermo. Forte è il sospetto che ci sia l’interesse dei boss di diverse province. In particolare quelli di Palermo, Catania e Trapani.

Il punto di incontro fra le due inchieste è l’impianto gestito dalla Eco Ambiente all’interno della discarica della Vincenzo D’Angelo srl ad Alcamo. Fino al 31 maggio 2019 Eco Ambiente ha trattato i rifiuti provenienti dalla discarica di Bellolampo dietro autorizzazione della Regione.

Le tangenti a Bellolampo

Il direttore tecnico della discarica palermitana gestita da Rap era Vincenzo Bonanno finito nei guai giudiziari insieme agli imprenditori catanesi Emanuele Gaetano Caruso e la compagna, Daniela Pisaale.

I tre furono arrestati in flagranza il 7 agosto scorso, al termine, secondo la Procura, della consegna di una tangente di 5 mila euro. Bonanno, avrebbe messo a disposizione “i propri poteri per monitorare e caldeggiare le procedure che interessavano alla Eco Ambiente.

Procedure legate all’emergenza e autorizzate del servizio 7 Dipartimento regionale Acqua e rifiuti dove lavorava Marcello Asciutto, pure lui finito nei guai giudiziari. Sull’emergenza si sono fondate le fortune di alcuni imprenditori.

Le attenzioni dei magistrati palermitani si concentrano anche sul piano della Regione siciliana. Un piano non ancora operativo perché fermo al Cga. Il Consiglio di giustizia amministrativa ha sospeso il parere e chiesto delle integrazioni.

Che i rifiuti abbiano attirato gli interessi della criminalità è un fatto storico, acclarato in inchieste e processi, nel corso dei quali sono emersi anche accordi corruttivi con alti burocrati. Alla creazione di un impianto per il biometano era interessato il duo Paolo Arata-Vito Nicastri. Il primo è sotto processo, mentre il secondo ha patteggiato la pena. Nicastri ha costruito un impero, che gli è stato poi confiscato, grazia all’appoggio dei boss trapanesi.

Nicastri e Arata

Ad una domanda dei pubblici ministeri di Palermo che lo convocarono come persona informata sui fatti, il 28 gennaio dell’anno scorso, Pierobon rispose di avere “chiesto a Paolo Arata di farmi avere una breve relazione sulla tecnologia del trattamento energetico da rifiuti, ma non era legato al progetto portato avanti da Arata con la Solgesta”.

La Solgesta è una delle aziende che il professore genovese gestiva con Nicatsri. “Lo ritenevo competente sulla base dei titoli di cui lo stesso si vantava. Per la redazione del piano rifiuti mi rivolsi solo ad Arata per avere relazioni tecniche”, ha detto Pierobon che lo ha ribadito anche nel corso del processo. Chiese notizie ad Arata, come faceva con altri imprenditori che si pensava avessero impianti all’avanguardia. Il professore genovese, ex parlamentare di Forza Italia e consulente della Lega per i temi energetici, gli girò qualche informazione che poi non è confluita nel piano.

Mentre i pm lo convocano Pierobon aspetta di conoscere il suo futuro politico. Tra quote rosa da rispettare e caselle da riempire nel sottogoverno nazionale di Mario Draghi non è ancora chiaro se Pierobon, tecnico in quota Udc, resterà a fare parte della giunta Musumeci.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI