Primo maggio festa dei lavoratori, e non di meno del lavoro. Detta così, forse, si lascia un po’ spazio all’ambiguità. Non sul fatto che sia una festa e nemmeno su chi debba festeggiare, piuttosto sul modo in cui onorare questa giornata. Perché c’è anche chi, in barba alla tradizione, il giorno più sindacale che ci sia se lo passerà lavorando. Come a Palermo i commessi di alcuni negozi della grande distribuzione: ForumPalermo, H&M, Mondadori Multicenter e la Rinascente.
Una decisione che non ha mancato di suscitare polemiche, ad esempio da parte della Libera associazione di imprenditori e lavoratori del commercio (Lailac), dall’associazione dei commercianti di via Principe di Belmonte, e di Società Attiva. Resta da vedere quanti negozi palermitani della piccola distribuzione seguiranno l’esempio dei già citati ipermercati, e quanti invece terranno le saracinesche abbassate. Anche se la tendenza, alimentata da un passaparola tra gli esercenti, potrebbe premiare la seconda opzione.
Ma a farsi un giro in centro a Palermo, e parlare con quei commessi che il primo maggio soddisfaranno le richieste dei loro clienti, il quadro si fa più composito. C’è chi è costretto a passare la propria festa in negozio (appunto da lavoratore) perché gli spetta il turno; chi sceglie di non usufruire del diritto di starsene a casa, in compenso di uno straordinario raddoppiato; chi liberamente decide, dato che il proprio contratto glielo permette, di passarsi il primo maggio con famiglia o amici.
Ci sono quelli che a pensarsi in negozio, mentre altri colleghi riposano, non fa salti di gioia: “Certo, avrei preferito non lavorare il giorno della festa dei lavoratori”. La delusione, però, è accompagnata dalla consapevolezza che un lavoro è comunque meglio avercelo, a costo di lavorare il primo maggio: “A ventidue anni, a Palermo, sono già fortunato a non essere disoccupato”. Oppure: “Sempre meglio lavorare, ne stia pur certo”.
Per altri commessi vale la disciplina aziendale: “I miei datori di lavoro avranno visto a pasquetta e per il 25 aprile che stare aperti può essere conveniente, quindi niente di strano che anche stavolta abbiano deciso così”.
Se tra i diretti interessati all’apertura del loro negozio per il primo maggio non ci sono voci aperte di scontento, diverso è per Tania Arena, presidente della Lailac: “Stare in negozio per la festa dei lavoratori è paradossale. Il problema è il lavoro nero, che può diventare schiavitù”. Anche Società Attiva dice no a questa apertura, con l’ausilio dello strumento social network: “Avvieremo una campagna informativa su Facebook, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi vissuti dalle famiglie dei lavoratori addetti al commercio”.
Un dubbio rimane su quanti non lavorando, e di conseguenza festeggiando, sceglieranno di andare per negozi.