Un buon figlio coltiverà a vita sentimenti di gratitudine nei confronti dei genitori e un buon genitore saluterà con gioia il giorno in cui il figlio si mostrerà indipendente nel pensiero e nelle azioni, capace di camminare sulle sue gambe. Sennò non sarebbe un buon genitore. In politica, purtroppo, non è così e lo scontro in atto nel M5S tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte lo dimostra.
In politica non è così soprattutto quando parliamo di soggetti politici personali. Se guardiamo alla storia italiana post “Mani Pulite” i movimenti politici personali sono la maggioranza e pochissimi i partiti tradizionalmente intesi (forse oggi il PD e parzialmente la Lega). Attenzione però, se nei soggetti politici personali la democrazia interna è sostanzialmente assente a dispetto delle piattaforme informatiche attraverso le quali vengono interpellati gli iscritti – tutto decide il fondatore, anche di distruggere la propria creatura, e tutto è nelle mani del fondatore al di là di statuti ed ecumeniche dichiarazioni d’intenti (il simbolo, il nome, la cassa, la comunicazione, il potere di candidare e di non candidare, di includere o di espellere) – i partiti tradizionali soffrono di una patologia nascosta: la falsa democrazia. È vero, hanno organismi eletti dal basso, i capi cambiano sovente, ma è pure vero che in realtà dietro la parvenza di congressi, direzioni e segreterie chi dà le carte sono i padroni delle tessere, i capicorrente, i fenomeni del consenso sul territorio. Da qui la disaffezione progressiva alla politica, l’enorme astensionismo.
Oltre la fiammata iniziale provocata periodicamente da qualcosa di nuovo, vedi in ultimo la nascita del Movimento 5 Stelle che ha alimentato speranze e voglia di tornare a partecipare, occorre poi fare i conti con le responsabilità di governo, la litigiosità delle fazioni interne, le pressioni corporative dall’esterno e la non sempre ottima qualità degli eletti. Tornando allo scontro tra Grillo e Conte non sono un mistero i miei giudizi positivi espressi su questo giornale e sui social nei confronti dell’ex presidente del Consiglio. Mi sono spinto con convinzione fino a definirlo, a condizioni date e al netto di immancabili errori, tra i migliori premier che abbiamo mai avuto considerando la tremenda pandemia che ha colpito il mondo intero, e quindi l’Italia, con il gravissimo collasso economico che ne è derivato.
Mi piaceva questo anonimo personaggio preso praticamente dalla strada osservando quanto fosse osteggiato dai cosiddetti poteri forti (esistono davvero), da Confindustria a scendere, dalle lobby, dalle corporazioni, dai maggiori gruppi editoriali, organizzazioni abituate a battere i pugni sulla scrivania principale di Palazzo Chigi, a dettare l’agenda alla politica e alle istituzioni servendosi di propri rappresentanti e compiacenti lacchè in Parlamento. Mi piaceva osservando quanto fosse osteggiato man mano che cresceva la sua autorevolezza, evento non scontato, nell’ambito dell’Unione Europea e la sua popolarità tra i cittadini. Con Conte, insomma, la pacchia delle strizzatine d’occhio e delle facili udienze sembrava cessata e pertanto bisognava distruggerlo, possibilmente dopo aver ottenuto dall’Europa tanti bei soldini; impensabile farli gestire all’Avvocato del popolo nonostante ne avesse il merito.
La pugnalata è giunta puntuale dal fronte amico, secondo i classici canoni delle congiure di palazzo, e Matteo Renzi sarà ricordato per aver abbattuto in piena emergenza sanitaria un governo da lui voluto e sostenuto ma evidentemente non più utile rispetto ai suoi obiettivi di parte. Perché Beppe Grillo sta replicando Renzi invece di imprimere una svolta decisiva alla politica italiana per ora “obtorto collo” bloccata sul governo Draghi del quale si comprende poco la direzione a lungo termine? Non è credibile l’evocare i cosiddetti valori originari del movimento, in che senso Conte li avrebbe traditi o annacquati? Perché invece di sedersi con Conte, da buon genitore, per fare finalmente correre autonomamente la sua creatura colpisce la persona cercata prima come presidente del Consiglio e in seguito come leader “in pectore” del M5S in crisi di consensi? Perché invece di “utilizzare” un uomo onesto, che ha imparato in fretta il mestiere, rimasto incredibilmente nel cuore di milioni di italiani, lo dicono i sondaggi, decide di farne a meno avviando con ogni probabilità l’agonia del movimento pentastellato? Cosa c’è dietro lo scomposto attacco di Grillo a Conte che sta agevolando la destra estrema, Salvini, Meloni, i renziani e coloro che hanno lavorato per defenestrarlo e adesso ne temono il ritorno sulla scena?
Domande che difficilmente otterranno una risposta ma ineludibili. Comunque andranno le cose nelle prossime ore credo che Giuseppe Conte debba andare avanti, con o senza il M5S di Beppe Grillo. Se ogni residua trattativa fallirà e un soggetto “contiano” dovrà nascere che abbia in sé gli anticorpi contro la tentazione della monarchia assoluta dotandosi di autentici strumenti democratici partecipativi e decisionali a monte e non soltanto a valle con il voto degli iscritti. Farebbe bene alla democrazia e alla politica zoppicante di questo Paese.