Volti spesso inespressivi, senza parole, ma dietro ai quali si cela il potere vile e perverso, la violenza. Sono le “Facce di mafiosi” dell’artista Flavia Mantovan, che da anni vive e lavora a New York. Venti opere, olio su tela, esposte da sabato 23 maggio nei saloni del Castello di Salemi.
La mostra, visitabile sino al 6 giugno, rappresenta una sorta di anticipazione di ciò che sarà il Museo della Mafia, la cui apertura è prevista per il 2010, in concomitanza per le celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Cosa vuole essere il museo della mafia? Chiara a tal proposito la risposta di Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi: <<sarà il museo della verità. Raccolta di testimonianze e di memorie>>. Il potere mafioso, subdolo e nascosto, viene adesso esibito in un momento preciso, quello della cattura, della fine.E se Vittorio Sgarbi paragona il Museo della Mafia ad un museo archeologico, dove viene esposto quanto appartiene al passato, tutto ciò vale a maggior ragione per questi dipinti, emblema della rappresentazione di una sconfitta. Numerose le polemiche che hanno accompagnato la notizia della prossima istituzione del Museo della Mafia, molti coloro i quali hanno temuto che tale operazione potesse portare ad una pericolosa mitizzazione del fenomeno in questione. Non è così. L’intento rimane quello di denunciare e documentare.
Nessuna provocazione nella scelta dell’artista, che da italiana residente a New York ha dovuto constatare come all’estero il nome del nostro Paese venga immediatamente accostato al termine mafia, in un gioco perverso in cui gli italiani appaiono sia vittime che carnefici. Ora il rapporto con la mafia viene ribaltato, i volti dei più noti boss e latitanti mafiosi possono essere guardati, studiati, giudicati.
Flavia Mantovan ha semplicemente osservato, adesso invita noi a farlo.