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La crisi della destra non rianima la sinistra
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Al culmine di tutti i casini (con la “C” minuscola) possibili, Giuseppe Lupo ha preso un lungo respiro, prima di espettorare il suo vigoroso: “Ora Lombardo dica se sta con noi o con Berlusconi”. Con tutto il rispetto, pare Woody Allen che mormora, pesto e malconcio: “L’ho steso, gli ho dato una nasata sul pugno”.
Questa delicatezza esagerata di parole e immagini, questa ritrosia verso i contenuti forti,  deve essere l’ennesima strategia sbagliata dei democratici che non c’azzeccano mai. Dovrebbero gonfiare il petto e levare un grido di battaglia. Riescono appena a imitare un soffuso miagolio.

A livello nazionale c’è  Bersani, che pare uscito per metà dalla penna di un Guareschi senza fantasia, mentre per l’altra metà somiglia fisicamente a Spennacchiotto, uno dei tanti rapaci a caccia del bottino di Paperone e in contemporanea nemico di Topolino. E che fa Spennacchiotto-Bersani? Invece di prendere per le corna il toro della crisi pidiellina, sembra il primo ad esserne spaventato. La sorte ci scampi dalle elezioni! Allo stesso modo, Giuseppe Lupo e i democratici isolani, nella transizione di un’esperienza, come quella di Lombardo, in fibrillazione per riflessi locali e nazionali, scontano un’approssimazione di idee e linguaggio. Vanno a rimorchio degli eventi, non li governano. Il Pd è scomparso dal dibattito, mai come oggi appare irrilevante. Tutto – lassù e quaggiù – appare una questione interna alla destra diversamente declinata. La sinistra ha paura delle rivoluzioni che evoca. Ma se la gente non trova il Pd oggi sugli scaffali, perché mai dovrebbe comprarlo e votarlo domani? (Pol)


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