CATANIA – Pietro Lucifora ha costanti contatti con Vincenzo Biondi. Soggetto apicale della famiglia Scalisi e, fatto tutt’altro che di secondo piano, detenuto. Ma la misura carceraria non impedisce ai due di interloquire. È l’11 luglio scorso quando nel corso di una conversazione tra i due, Lucifora racconta a Biondi che non appena avrebbe indossato un vestito lo avrebbe fatto ridere. L’allusione è alla divisa da carabiniere che dovrebbe utilizzare per la commissione degli omicidi.
Dopo l’omicidio, anzi gli omicidi, sarebbe sparito dalla circolazione: “Appena io ti faccio vedere i vestiti che mi sono comprato… e ti metti a ridere per una settimana non ti do confidenza”.
L’inchiesta
Gli arresti – 24 in totale – legati ai due filoni d’indagine condotti dalla Squadra mobile di Catania e dal commissariato di Adrano, coordinati dalla Procura della Repubblica etnea hanno svelato il piano di Pietro Lucifora di vendicare la morte del figlio, Nicolò. Il diciassette venne accoltellato nel corso di una lite sfociata nel sangue il 20 aprile a Francofonte, nel Siracusano.
Una vendetta che era stata pianificata nei dettagli. Con Pietro Lucifora, stando alle indagini degli inquirenti, avrebbero collaborato il fratello Mario e o zio Pietro Schilirò. Ma anche, seppur in un ruolo più marginale, la convivente di Lucifora, Soraya Pantò, e la convivente di Schilirò, Marina Finocchio e la figlia Shana D’Alessio. Questi ultimi tre residenti a Chieti. Per l’omicidio di Nicolò Lucifora, si trova in carcere il 22enne Francesco Milici.
Dalle intercettazioni, è emerso come Pietro Lucifora fosse determinato a vendicare l’uccisione del figlio. Nel mirino, erano finiti alcuni soggetti di Francofonte coinvolti a vario titolo nella lite poi degenerata nell’accoltellamento mortale del figlio.
Il piano della strage
Lucifora assieme a qualche altro soggetto a lui vicino, ancora da identificare, avrebbero dovuto indossare divise da carabinieri e procurarsi delle armi probabilmente direttamente a Chieti. Da qui si sarebbero recati direttamente a Francofonte con un’auto o un furgone purché privi di sistema satellitare per non essere “tracciati” Lucifora e i suoi sodali avrebbero lasciato i cellulari a Chieti per precostituirsi un alibi e poter dimostrare che durante le fasi dell’omicidio si trovavano in quella città, ospite di parenti. Nel frattempo si sarebbero procurate nuove schede per poter parlare durante le fasi degli omicidi.
Sempre come alibi, Lucifora e i suoi complici sarebbero stati pronti a dichiarare, qualora fosse necessario in un eventuale e successivo interrogatorio, che a Chieti Lucifora avrebbe avuto un’amante indicata in Shana D’Alessio e in relazione alla quale lasciano tracce tramite messaggi concordati inviati tra i telefoni dei due falsi amanti.
L’intento della spedizione sarebbe stato quello di uccidere il fratello di Francesco Milici e di coloro che avevano partecipato alla rissa. “IO DEVO ACCHIAPPARE A TUTTI IN UN COLPO… ora in questo momento…che io so che quello è solo e tutti i venerdì… alle sei si va a fare il calcetto fino alle sette e mezza … ma IO UN COLPO… una motocicletta e BUM BUM LI LEVO …inc… ma gli altri dove minchia li prendo …”
Un piano omicida che sarebbe dovuto accadere proprio in questi giorni di fine settembre. Saltato grazie alle indagini e alle intercettazioni della polizia etnea.

