Almaviva, settimana di fuoco | "A casa in 1.600? Inaccettabile" - Live Sicilia

Almaviva, settimana di fuoco | “A casa in 1.600? Inaccettabile”

Il 9 settembre l’azienda avvierà i licenziamenti, il cambio di governo blocca i tavoli istituzionali

PALERMO – Cambia il governo, ma non il destino dei lavoratori di Almaviva contact. L’azienda del settore dei call center ha annunciato 1.600 esuberi nel polo palermitano, che dalla prossima settimana diventeranno licenziamenti. Così i lavoratori e le loro famiglie si apprestano ad affrontare uno dei momenti più bui, sconfortati dall’incertezza su tempi e modalità delle procedure, bloccati dagli intoppi burocratici dovuti al cambio dell’esecutivo nazionale.

I flussi di chiamate in entrata e in uscita gestite da Almaviva contact a Palermo hanno subito una drastica riduzione: i committenti, Tim e Wind 3, hanno operato un taglio del 70%, e ora il numero di lavoratori in attività risulta sproporzionato. Le persone a rischio sono oltre la metà dei dipendenti totali del sito, che ne conta 2.800 in organico. I sindacati sono in polemica con l’azienda: “Almaviva fa trapelare che, salvo cambiamenti drastici, potrebbe aprire le procedure di licenziamento il 9 settembre: è inaccettabile – dice Maurizio Rosso, segretario generale Slc Cgil Palermo –. Se è vero che c’è un calo dei flussi del 70%, allora perché ci risulta che l’ammortizzatore sociale è stato usato al 18%? Al massimo, dai numeri, l’esubero dovrebbe essere appunto del 18%. Perché questa discrepanza enorme tra i dati? Ad Almaviva diciamo che dovremmo quantomeno capire se il nuovo governo risponde bene – prosegue – e poi cercare soluzioni insieme. Ma nel frattempo richiamiamo alle sue responsabilità la Regione Siciliana e il presidente Nello Musumeci, oggi ancora assenti”.

Di “stand by istituzionale” parla Giuseppe Tumminia, segretario Uilcom Sicilia. “Non ci hanno dato notizie né sull’apertura delle procedure, né sul contrario – dice –, ma tecnicamente il termine ultimo perché l’azienda non incorra in oneri aggiuntivi è appunto il 9 settembre. Nel frattempo però sono avvenuti degli incontri commerciali tra Tim e Almaviva, ma non ne conosciamo il contenuto – spiega Tumminia –. Sappiamo che oggi Tim sta gradualmente ridisegnando il suo servizio clienti: se 2+2 fa 4, si può intuire che i servizi possono essere redistribuiti agli outsourcer e quindi anche ad Almaviva. In tutto questo ‘dare e avere’ però non abbiamo certezze, e non abbiamo tavoli intorno a cui discuterle. Come sindacato vorremmo riprendere la discussione dove l’abbiamo lasciato – conclude –, riaprendo i tavoli istituzionali, e parlando concretamente della vertenza e delle ricadute sociali”.

Una serie di scioperi, manifestazioni e incontri con autorità nazionali e regionali. Al di là dei ‘colori’ dei governi. Il 25 luglio scorso, i sindacati hanno incontrato Musumeci e l’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano. Al termine della riunione, il segretario regionale di Ugl telecomunicazioni Claudio Marchesini aveva osservato che “per salvare Almaviva ci vorrebbero circa 15 milioni di euro stanziati in emergenza, ma questo governo nazionale (il primo governo Conte, ndr) fa figli e figliastri, e lascia che i figliastri muoiano di fame”. Oggi si assiste ai primi passi di un nuovo esecutivo, ma il tempo non si ferma; a complicare il quadro, arrivano i primi stop agli incontri istituzionali: è già sfumata una riunione, inizialmente fissata il 5 settembre, per discutere le “analisi e prospettive” del settore telecomunicazioni. Lo si legge in una sintetica lettera destinata alle sigle e firmata Claudio Durigon, sottosegretario del ministero del Lavoro, a prolungare lo ‘stillicidio’ dei dipendenti sulla via del licenziamento.

Di fatto, a rischiare sono tutti i 20 mila dipendenti in tutta la Sicilia. Non solo Almaviva, ma anche altri due colossi presenti nell’Isola come Abramo e Comdata cominciano ad accusare i colpi di una crisi che non regge il peso delle delocalizzazioni delle commesse all’estero, del ribasso aggressivo delle tariffe e del proliferare dei cosiddetti ‘sottoscala’. Il problema, insomma, ha proporzioni sempre più ingenti e appare sempre più appeso a un filo. Intanto, i licenziamenti incombono.


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