Tentata estorsione alla Caruter |In carcere i vertici del clan Brunetto - Live Sicilia

Tentata estorsione alla Caruter |In carcere i vertici del clan Brunetto

Salvatore Brunetto è finito in carcere, domiciliari invece per Alessandro Siligato. L'operazione è condotta dai Carabinieri sotto il coordinamento della Dda di Catania. TUTTI I PARTICOLARI

CALATABIANO
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Salvatore Brunetto

CALATABIANO. E’ sfociata in altre due misure cautelari l’inchiesta che nel dicembre dello scorso anno ha portato a due arresti a Calatabiano per concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e furto aggravato. All’alba di mercoledì i carabinieri hanno sottoposto a fermo Salvatore Brunetto, ritenuto al vertice dell’omonimo clan che opera nel comprensorio di Fiumefreddo di Sicilia, Alessandro Siligato, anch’egli pregiudicato di Fiumefreddo di Sicilia e affiliato alla stessa cosca, ed un incensurato di Calatabiano.

Ieri nel corso dell’udienza di convalida, alla presenza degli associati Ernesto Pino e Giovanni Spada, il Gip di Catania Laura Benanti non ha convalidato i fermi, ma ha accolto le richieste di misura cautelare formulate dal sostituto procuratore della Dda di Catania Iole Boscarino nei confronti di Salvatore Brunetto, ristretto nel carcere di Bicocca, e Alessandro Siligato, sottoposto agli arresti domiciliari. Il terzo indagato invece è tornato in libertà per mancanza di esigenze cautelari. I due sarebbero coinvolti nel furto e nella tentata estorsione commessa lo scorso novembre ai danni della Caruter srl, la ditta che ha in appalto il servizio di raccolta dei rifiuti a Calatabiano. Lunedì i legali Pino e Spada depositeranno l’istanza di scarcerazione al Tribunale del Riesame.

Alessandro Siligato

LA RICOSTRUZIONE. Nel novembre del 2013, pochi giorni dopo il furto di un Piaggio Porter ed un Opel Van dal deposito di automezzi dell’azienda Caruter, nella frazione di Pasteria a Calatabiano, i carabinieri della locale stazione avviano un’indagine. Il rinvenimento sugli altri 23 veicoli presenti nell’autoparco dei tappi dei serbatoi del carburante, svitati e lasciati in bella mostra, lascia presupporre sin da subito che dietro quel furto si nasconda ben altro. Presto l’indagine, coordinata dal sostituto procuratore di Catania Pasquale Pacifico, svela retroscena ben più inquietanti. E’ un operaio della stessa Caruter, il 43enne Pietro Ferretti, a contattare i responsabili dell’azienda e a proporsi come intermediario per recuperare la refurtiva.

A commetterlo, secondo il racconto dell’uomo, sarebbero stati elementi della criminalità organizzata di Fiumefreddo di Sicilia. Una ritorsione per non aver assunto all’interno della ditta persone “raccomandate” da loro. Solo l’intervento del pluripregiudicato 53enne Vito Strano, sempre secondo Ferretti, avrebbe scongiurato il rogo di tutti mezzi. Il 43enne avrebbe poi avanzato una serie di richieste, subito respinte dai vertici della Caruter, per porre fine alla questione: il pagamento di una somma pari a 4000 euro, 3000 per gli autori del furto e 1000 per l’interessamento di Vito Strano e, soprattutto, l’assunzione del figlio 28enne di quest’ultimo. E’ lo stesso Ferretti a far ritrovare, pochi giorni dopo, in contrada Pianotta a Fiumefreddo di Sicilia, i mezzi rubati. Ferretti e Strano finiscono in manette il 30 novembre.

GLI SVILUPPI. Nel corso di alcuni colloqui nel carcere di Bicocca, intercettati dagli inquirenti, Vito Strano avrebbe ricostruito gli avvenimenti. Il giorno del furto al deposito dell’azienda Caruter, Strano si sarebbe rivolto, secondo l’accusa, a Salvatore Brunetto che avrebbe assicurato il proprio interessamento per recuperare e restituire i due mezzi rubati. Pochi giorni dopo quell’incontro lo stesso Strano avrebbe inviato a Fiumefreddo un proprio emissario per incontrare alcuni esponenti della criminalità locale. Tra essi figurerebbe Alessandro Siligato, ritenuto uomo di fiducia di Brunetto, che avrebbe condotto l’uomo nella località in cui erano stati nascosti il Piaggio Porter e l’Opel Van, la stessa in cui furono poi fatti ritrovare. Non ci sarebbero dubbi, secondo il Gip, sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, per il furto e la tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, a carico dei due indagati raggiunti dalla misura cautelare.


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