PALERMO- La morte è la ferita che non si accetta. Talvolta, sembra perfino più crudele. Quando qualcuno che risplendeva nella vita degli altri saluta e se ne va. Darin D’Anna Costanzo aveva trentacinque anni. La sua biografia racconta di una passione per il prossimo dispiegata nelle amicizie, nell’amore, nel suo essere al centro di eventi che organizzava e di un mare di relazioni. Il suo commiato racconta la storia di un ragazzo morto a trentacinque anni, dopo avere lottato coraggiosamente. E l’aggettivo ‘ingiusto’ comincia a dare la caccia alla notizia del distacco. Nessuna morte è giusta, ma ce ne sono alcune che fanno più male.
E siccome i tempi cambiano, le lacrime del silenzio di ieri si trasformano in parole di cordoglio sui social. E ogni parola ricostruisce, con un frammento, l’esistenza appena colpita.
Scrive Roberto: “Una foto di alcuni anni fa, il tuo sorriso dolce sempre per tutti, la tua educazione come esempio per tanti, un ragazzo splendido, non ci vedevamo da un bel po’ di tempo. Non ci credo ancora, sembra impossibile, ti porto nel mio cuore. Grazie dei tuoi sorrisi Darin D’Anna Costanzo”.
Scrive Marcello: “Ricordo come fosse ieri quando ti ho conosciuto, avevi organizzato una festa a casa tua… io arrivai con i miei amici pseudo teppisti e tu, col tuo sorriso, mi dicesti: ti prego, non fate casini… Uomo d’altri tempi, educato, garbato. L’universo si arricchisce di una nuova stella. Buon viaggio splendido Darin”.
E anche chi non lo conosceva non può che restare trafitto dal rimpianto di non averlo conosciuto, leggendo quelle parole come lacrime che hanno trovato la via d’uscita per esprimersi e narrare.
Sara aggiunge: “Oggi ho trascorso la giornata a riflettere sul mio passato, sono tornata ai giorni in cui ci siamo conosciuti, eravamo in mezzo a tanti amici, anni spensierati della nostra gioventù. Tu eri sorridente, garbato, sensibile, gentile, un principe. Così ti ricorderò sempre Darin. Buon viaggio”.
E ci sono quelli che, interrogati, citano tempi felicissimi a scuola e oltre. Racconta Sergio: “Eravamo compagni di scuola al liceo ‘Meli’. Era certamente un ragazzo dal garbo e dallo stile unici”.
Racconta Miriam, anche lei ha ricordi di scuola: “Era un mio compagno di classe al liceo, una persona solare e garbatissima, grande sportivo, con questa capacità tipica di pochi di tirare fuori il bello della gente. Dalla nostra classe erano scappati in cinque, dopo il primo anno. Eravamo tremendi. Lui è rimasto lì. Ha superato tutte le differenze. Ed era uno di noi. Non per merito nostro, ma suo. Aveva un sorriso contagioso e una voglia di vivere pazzesca. L’ho rivisto l’ultima volta qualche anno fa, per una cena tra ex compagni. Mancavano in tanti. Lui era lì, ancora una volta col suo sorriso contagioso”.
Garbo: l’eco che ricorre. Una bellissima parola. Secondo certa etimologia, la sua origine era il termine che gli arabi usavano per descrivere i pezzi che si incastrano a perfezione nel costruire una nave. Qualcosa che arriva, pieno del suo senso, come l’ingrediente che mancava per una serena navigazione. Calza a pennello per un ragazzo che amava il mare. E poi c’è ‘la bellezza tirata fuori con il sorriso’. Per riportarla in dono a chi, magari, non sapeva di possederla.
Questo era Darin, nelle parole che lo rincorrono e che non smettono di amarlo. La morte è una storia di mani che vorrebbero trattenere e non ci riescono. Ma, in quelle parole che salutano e svelano, c’è già la promessa di un rivedersi.
Buon vento, ragazzo che sei rimasto nel cuore di tutti, andando via tuo malgrado. Basterà guardare un po’ in lontananza, per sapere che ci sei ancora. Che ci sarai sempre.