Ambulatori popolari, lettera a Galvagno: "Guardi la sofferenza"

Ambulatori popolari, lettera a Galvagno: “Guardi la sofferenza”

Il mondo della sanità volontaria chiede aiuto.
L'APPELLO
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La rete degli ambulatori popolari, che opera sul territorio, scrive al presidente dell’Ars per chiedere aiuto. E indice, al tempo stesso, una assemblea popolare che si terrà giorno 21 marzo 2023 dalle ore 15 alle 18,30.presso la real Fonderia Oretea Piazza Fonderia alla Cala a Palermo

Al presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, onorevole Gaetano Galvagno

Caro Presidente,

Le scriviamo questa lettera per invitarla a compiere un viaggio con noi, affinché veda con i suoi occhi quello che noi stessi viviamo tutti i giorni.
Chi siamo noi? Siamo i volontari della Rete degli Ambulatori Popolari. Siamo persone che cercano di esserci, lì, dove la sanità, la politica e lo Stato non arrivano più. Lì dove altre persone si sentono abbandonate e bisognose di una speranza a cui, spesso, hanno dovuto dire addio.
La Rete degli Ambulatori Popolari di Palermo opera nella trincea di un sistema sanitario pubblico in crisi che non riesce più a garantire cure per tutti. E’ la cronaca che si racconta, ormai, da troppi anni.
La mancanza di posti letto, le liste d’attesa, i pronto soccorso strapieni: ogni dettaglio dipinge il quadro desolante di una assenza, mentre i medici vanno in pensione, per non essere rimpiazzati, o fuggono dagli ospedali, oppure resistono, con carichi di lavoro che li rendono prigionieri della professione che amano.
Oltre questo scenario ci siamo noi degli Ambulatori Popolari che non agiamo in concorrenza contro quel poco che c’è e che si assottiglia sempre di più.
Noi cerchiamo di riempire le falle che si vanno paurosamente aprendo nella vita di troppi.
Ma la crisi cresce e, anche noi, ci scopriamo troppo pochi e con labili mezzi, rispetto al tanto che ci sarebbe da fare.
Ecco perché ci rivolgiamo a Lei, affinché si adoperi per aiutarci a ottenere quelle risorse necessarie che non saranno impegnate in stipendi, ma che diventeranno la diagnosi, la terapia, il conforto di qualcuno che ha immensamente bisogno.
Qualcuno che, adesso, sta aspettando.
Presidente Galvagno, non le chiediamo nemmeno un atto di fede, ma solo di constatare personalmente. Venga con noi per quel viaggio, passi un giorno in un Ambulatorio Popolare – allo Zen, a Borgo Vecchio – e vedrà con i suoi occhi.
Vedrà madri con più figli che devono compiere una drammatica scelta, perché non hanno i soldi per curarli tutti insieme.
Ma può una madre decidere chi deve stare bene e chi non?
Vedrà padri disperati che lavorano anche di notte, ogni sabato e ogni domenica, in condizioni disumane, accettando qualunque situazione, per comprare le medicine a una figlia a un figlio.
Ma può un padre ammazzarsi di fatica per ottenere ciò che gli spetta?
Vedrà anziani messi ai margini, con la loro sofferenza, che aspettano di morire, convinti di essere un peso, in una società che li considera vuoti a perdere.
Ma può un essere umano considerarsi una zavorra?
Vedrà un mondo di naufraghi che attende un approdo e che noi cerchiamo di sostenere, ma, da soli, non ce la facciamo più.
Quelli che per tutti gli altri sono numeri per noi sono esperienze di vita.
Sono lacrime di rabbia quando, nonostante i nostri sforzi, dobbiamo dichiararci battuti.
Sono abbracci e carezze quando, gettando il cuore oltre ogni ostacolo, sappiamo di avere reso un dolore meno atroce e di avere accompagnato qualcuno con il sorriso.
Noi crediamo nella politica, Presidente Galvagno, come forma di promozione umana.
Crediamo nella qualità della politica, nella sua missione suprema: garantire diritti, offrire riparo, evitando che qualcuno debba percepire la sua stessa povertà come una colpa inemendabile.
Come la condanna di chi non riesce a provvedere a se stesso e alla sua famiglia.
Per questo ci rivolgiamo a Lei, come massimo rappresentante istituzionale, di quella politica che ha il dovere di dare risposte, senza mettere in mezzo questioni di appartenenza, di ideologia, di fazione.
Guardando soltanto al bene supremo di ogni singola persona.
La Sicilia è una terra combattuta fra speranza e disperazione, Palermo è una città dilaniata tra le sue luci e le sue ombre.
In queste terra di confine ci sono donne e uomini che lottano affinché nessuno guardi al suo domani come a un giorno senza speranza.
Chiediamo soltanto di non smettere di farlo.
Chiediamo soltanto di potere continuare a lottare.


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