PALERMO – Vecchie ruggini difficili da scrostare, nuovi paletti per le primarie e frizioni che rendono impervio un percorso di scelta per una candidatura unitaria. E’ una guerra di posizione quella che si combatte all’interno del Pd e nell’immediato perimetro esterno dei democratici. Un partito bloccato anche da circostanze più grandi, come l’attesa sull’esito del referendum costituzionale, e che fatica ad aprire un unico cantiere per le Amministrative di Palermo.
I dissapori, ormai storici, tra l’area “DemoS” di Antonello Cracolici e il gruppo dirigente provinciale a guida renziana di Carmelo Miceli sono la base su cui si innestano ulteriori ostacoli nella road map delle elezioni e che rischiano di portare a un Pd spaccato alle urne: in primis l’impegno per tutti gli sconfitti alle primarie a non ripiegare in ulteriori candidature per il consiglio comunale o per le Regionali dell’autunno 2017. Una decisione mai messa nero su bianco ma “condivisa da tutti”, come spiegano fonti di partito, e che di fatto ha contribuito ad aggravare uno stallo già in corso. L’obiettivo è quello di evitare casi come quello di Antonella Monastra, che cinque anni fa perse le primarie di centrosinistra ma sull’onda di una lunga campagna elettorale centrò l’ingresso a Sala delle Lapidi. Un identikit quasi da battitore libero e simile a quello di Nadia Spallitta, la vicepresidente del consiglio comunale vicina all’aerea Renzi che in breve tempo dovrebbe lanciare della sua candidatura in uno scenario che al momento, oltre alla conferma di Leoluca Orlando, vede come unico concorrente Fabrizio Ferrandelli.
L’ex deputato regionale dem, oggi leader dei ‘Coraggiosi’, ha ufficializzato la sua candidatura “esterna al Pd” e slegata dalle primarie. La mossa di Ferrandelli, che ha incassato un’ideale stretta di mano da Totò Cuffaro (“Può battere Orlando”, sono state le parole dell’ex governatore) ha fatto storcere il naso a quell’area del partito vicina Giuseppe Lupo, che reputa l’uscita del giovane bancario palermitano una fuga in avanti “a cui un partito come il Pd, con regole e processi decisionali ben definiti, non può accodarsi”. Quella del vicepresidente dell’Ars resta una delle possibili carte di un mazzo che nelle ultime ore si è arricchito anche di una nuova opzione: Alice Anselmo. La capogruppo del Pd all’Ars ha avviato nei giorni scorsi un breve giro di consultazioni con l’obiettivo di testare il grado di compattezza del partito attorno al suo nome.
La sensazione è che il risiko vedrà le prime mosse soltanto dopo l’esito del referendum costituzionale d’autunno. Per i dem resta in campo anche l’ipotesi di una alleanza con Ncd e Udc, già collaudata a Roma e in parte anche in Sicilia. In questo caso la scelta potrebbe cadere su un candidato in grado di raccogliere consensi trasversali, come l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio. Tutta in salita, invece, la possibilità di un accordo in extremis con Orlando, caldeggiata da una parte del Pd. Il sindaco, però, chiede un prezzo che difficilmente potrà essere accettato: l’assenza dei simboli di partito accanto al suo nome sulla scheda elettorale. Una mossa che consentirebbe a Orlando di annullare una delle frecce all’arco del Movimento 5 stelle durante la campagna elettorale. La presenza del Pd, nella tesi di chi in questi giorni è molto vicino al Professore, striderebbe, inoltre, con le forti critiche avanzate in qualità di presidente dell’Anci Sicilia al governo regionale di Rosario Crocetta. La conditio sine qua non avanzata da Orlando, che non ha lesinato bordate ai dem anche in una recente intervista a LiveSicilia in cui ha accostato la sua esperienza a quella di De Magistris a Napoli, viene respinta da un importante esponente del Pd: “Noi con Orlando? La domanda andrebbe girata a lui, dal momento che il suo modello sembra essere quello del sindaco di Napoli e a noi non può andare bene. In ogni caso il Pd – si ribadisce con forza – sarà in campo con il suo simbolo e con un suo candidato”.
Ad agitare le notti di Orlando è il fantasma dei grillini, usciti rafforzati dalla legge elettorale approvata recentemente dall’Ars che ha reintrodotto l’effetto trascinamento dei partiti sul candidato sindaco: una sola croce su uno dei simboli porterà acqua al mulino del sindaco collegato. Le nuove regole hanno fatto alzare le quotazioni del Movimento 5 stelle, alle prese in questi giorni con la selezione dei candidati per Palazzo delle Aquile, in cui è impegnato in prima persona il deputato nazionale Riccardo Nuti: sono 122 i nomi raccolti e che parteciperanno alle ‘comunarie’ per la scelta dei 40 aspiranti consiglieri. Sarà il voto sulla piattaforma ‘Rousseau’, il sistema utilizzato dal movimento per le votazioni interne e le proposte di legge provenienti dalla base, a decidere anche il candidato sindaco. Un sistema di selezione che non è piaciuto a molti big del movimento, come la deputata palermitana Claudia La Rocca, e che ha finito col portare in pole position per Palazzo delle Aquile nomi con una breve militanza pentastellata. Il regolamento dava infatti la possibilità di partecipazione alle selezioni agli iscritti entro il 30 giugno. Tra le adesioni raccolte spiccano quelle di uno dei fondatori di Addiopizzo, Ugo Forello, e di Daniela Tomasino, attivista per i diritti Lgbt. In pista anche Igor Gelarda, poliziotto e fondatore di un sindacato di polizia. Il duello è con chi, all’interno del movimento, propende per candidature più ‘ortodosse’ come quelle di Samantha Busalacchi, collaboratrice del M5s all’Ars, o di Adriano Varrica, ex assistente di Sonia Alfano al Parlamento europeo e attuale componente dello staff di Ignazio Corrao a Bruxelles. Nelle ultime ore la temperatura interna è salita e La Rocca ha espresso su facebook le sue “perplessità” nei confronti di chi “non ha fatto neanche un giorno di attivismo (anche nella ‘società civile’, non necessariamente nel meetup), profondamente diverso dal presenzialismo”, e nei confronti di chi “rilascia pubbliche interviste”. Tramontata, inoltre, la candidatura del giovane giornalista pubblicista Ismaele La Vardera, collaboratore della trasmissione televisiva ‘Le Iene’: La Vardera era stato proposto dai comitati civici ma pochi giorni fa ha declinato l’invito.
Sul fronte del centrodestra l’ultimo sussulto risale a metà maggio, con il lancio della candidatura di Francesco Scoma da parte di Gianfranco Miccichè, tornato in sella a Forza Italia che ha riaccolto Renato Schifani. Le aspre reazioni dei possibili alleati all’investitura di Scoma hanno poi convinto Miccichè ad ammorbidire i toni. Giampiero Cannella, coordinatore di Fratelli d’Italia, aveva infatti auspicato una candidatura “concordata” e “sul modello Milano”, dove il centrodestra unito sotto il nome di Parisi ha sfiorato il successo all’ombra del Duomo. In quei giorni si registrava anche il commento tranchant di Saverio Romano, parlamentare di Ala e leader di Cantiere popolare, anche lui dato per possibile concorrente alla poltrona di Palazzo delle Aquile: “In questo momento il totocandidato non mi appassiona”. Per l’area di #Diventeràbellissima, raccoltasi attorno a Nello Musumeci e alla portavoce Giusy Savarino, quella di Miccichè è stata “una fuga in avanti” mentre Noi con Salvini ha avuto parole ancora più dure: “La scelta di Francesco Scoma è tutta di Forza Italia e non ha nulla a che vedere con il centrodestra”, ha commentato Angelo Attaguile, segretario nazionale e coordinatore dei salviniani di Sicilia. “E’ una scelta – ancora Attaguile – che, se confermata, separerebbe la nostra strada da quella di Forza Italia”. Poche ore dopo la precisazione dal leader degli azzurri: quella di Forza Italia è “una proposta” ai possibili interlocutori. “Siamo aperti a discutere altre proposte da forze politiche intenzionate a costruire una coalizione”, ha aggiunto Miccichè.
Il calcio di inizio di Forza Italia ha però smosso le acque: pochi giorni dopo, infatti, i vari attori della querelle si sono ritrovati attorno a un tavolo all’Ars per discutere dell’opposizione al governo Crocetta e, a latere, anche di Palermo. Oggi Romano rinnova l’invito alla collaborazione: “Proviamo a mettere in campo, tutti insieme, una sintesi su un programma valido e una persona autorevole. Non è un progetto realizzabile? Allora la mia candidatura resta sul tavolo, anche perché da tempo lavoro ai temi legati allo sviluppo di Palermo”. Romano e Miccichè si sono incontrati e torneranno a vedersi in settimana, provando a ravvivare i colori del centrodestra siciliano, tinte ormai sbiadite da tempo.