CATANIA. Una serata da dimenticare, di fuoco e di rabbia. Ancora un grave fatto violento all’interno delle carceri siciliane, segnatamente nella struttura detentiva minorile Bicocca di Catania, che avrebbe potuto avere tragiche conseguenze se l’intervento degli Agenti di Polizia Penitenziaria non fosse stato tempestivo e provvidenziale. La denuncia è di Francesco Pennisi, consigliere nazionale per la Sicilia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che ricostruisce quel che è avvenuto: “Ieri sera, il solito detenuto di origine straniera con problematiche psichiatriche che già si era reso protagonista di atti di violenza, ha dato fuoco al materasso e alle suppellettili della propria cella. Immediati i soccorsi del personale di polizia penitenziaria per spegnere l’incendio, ma un poliziotto, nella concitazione di quei momenti terribili, mentre stava cercando di fermare le intemperanze del facinoroso ristretto, è caduto e poi finito al Pronto soccorso del nosocomio cittadino per la frattura di tibia e perone. A breve sarà operato. Il SAPPE denuncia per l‘ennesima volta il ripetersi di eventi critici presso il carcere minorile di Catania, oramai divenuto teatro dì problematiche sempre più evidenti. Il SAPPE augura una pronta guarigione al collega ferito ed auspica in un tempestivo intervento dell’Amministrazione della Giustizia minorile e di Comunità sulla gestione dell’istituto minorile catanese”.
Anche Calogero Navarra, segretario nazionale per la Sicilia del SAPPE, esprime vicinanza e solidarietà al personale di Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere minorile di Catania Bicocca e ricorda che “il SAPPE denuncia da tempo che le carceri sono diventate un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene come anche prevedere la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario, anche minorile”.
“Io credo sia grave la sottovalutazione delle grida di allarme che il SAPPE lancia da mesi sulla crisi delle carceri minorili”, evidenzia Donato Capece, segretario Generale del SAPPE. “E’ questa l’ennesima volta che, in poche settimane, i detenuti appiccano le fiamme in alcune celle di una struttura detentiva per minori, dove continuano ad essere ristretti ancora molti adulti. Sono mesi e mesi che il SAPPE, come primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, ha chiesto ai vertici del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità che le politiche di gestione e di trattamento siano adeguate al cambiamento della popolazione detenuta minorile, che è sempre maggiormente caratterizzata da profili criminali di rilievo già dai 15/16 anni di età e contestualmente da adulti fino a 25 anni che continuano ad essere ristretti. È da sottolineare che nell’ultimo periodo diversi detenuti delle carceri minorili provocano con strafottenza modi inurbani e arroganza i poliziotti penitenziari, creando sempre situazioni di grande tensione. Ed è per questo che ci stupiamo di chi “si meraviglia” se chiediamo una revisione della legge che consente la detenzione di ristretti adulti fino ai 25 anni di età nelle strutture per minori. Legge voluta dal Ministro della Giustizia Orlando con Renzi premier, lasciata intonsa dal Guardasigilli Bonafede con Conte presidente del Consiglio e lo stesso da Cartabia e Draghi”.
E sulla presenza di detenuti con problematiche psichiatriche, il Sappe evidenzia come questi sono spesso responsabili di “vero e proprio vandalismo all’interno delle celle, dove vengono disintegrati arredi e sanitari, ponendoli nella condizione pure di armarsi con quanto gli capita per le mani e sfidare i poliziotti di vigilanza. Oramai questi detenuti sono diventati una vera e propria piaga in diversi penitenziari e per la loro gestione sarebbero necessari trattamenti specifici all’interno di comunità terapeutiche. Il carcere non può custodire detenuti di questo tipo, a meno che non vi sia un notevole incremento di organico della Polizia Penitenziaria e di specialisti di patologie psichiatriche”.
“Nulla è stato fatto, zero assoluto, e i risultati sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti”, conclude Capece. “La realtà detentiva minorile italiana, come denuncia sistematicamente il SAPPE, è più complessa e problematica di quello che si immagina: per questo si dovrebbe ricondurre la Giustizia minorile e di Comunità nell’ambito del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria piuttosto che mantenerla come Dipartimento a sé”.