PALERMO – Gli arresti non devono fermare la macchina di Cosa nostra. I boss che sanno di avere i giorni di libertà contati si organizzano. È accaduto nel 2015 al Borgo Vecchio quando, dopo il pentimento di Francesco Chiarello, i fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo capirono che il loro arresto era vicino.
Ecco come Giuseppe Tantillo, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, ha ricostruito il passaggio di consegne: “Elio Ganci (il personaggio chiave arrestato nel blitz dei carabinieri) è stato il reggente della famiglia del Borgo Vecchio per un periodo alle dipendenze Fabio Manno”.
Ganci aveva finito di scontare una condanna e si mise subito al lavoro: “Quando è uscito dal carcere… ci abbiamo parlato… se un giorno arrivava il nostro arresto… lui avrebbe preso il nostro posto”. Bisognava sondare la sua disponibilità: “Poi abbiamo parlato con lui e lui ha detto sì”.
Non bastava. Serviva il via libera dell’allora reggente del mandamento di Porta Nuova, Paolo Calcagno, che fino al suo arresto era un insospettabile commerciante di pesce: “Noi lo abbiamo riferito a Paolo Calcagno che ci ha detto che andava bene…”. Da quel momento bisognava essere guardinghi: “Lui passava e ci salutava ma si teneva in disparte visto che doveva essere uno dopo di noi quindi non poteva rischiare di farsi vedere con noi e farsi arrestare…”. Un capo che si rispetta deve occuparsi dei carcerati: “… ha preso le redini di Borgo Vecchio e lui pensa anche per il mio sostentamento e quello di mio fratello”.