CATANIA – Telefoni che squillano a vuoto, spunte blu nei messaggi WhatsApp, ma nessuna risposta. Il caso Porto incuriosisce. A tenere banco è il repentino passaggio dal gruppo autonomista al Misto all’Ars. Appena dopo aver giurato come deputato al posto di Giuseppe Castiglione, caduto sotto la scure della Legge Severino dopo essere finito tra le carte dell’operazione Mercurio e la collocazione ai domiciliari.
A essere oggetto dell’interesse di cronisti, addetti ai lavori e cittadini, non tanto il cambio di casacca, l’ennesimo, dell’ormai ex assessore comunale protagonista di diversi passaggi di schieramento – il più noto, nel corso di una notte, da candidato a sostegno del centrosinistra alle liste di Forza Italia alle Regionali del 2017 -, quanto le motivazioni e ancor più quel che succederà adesso.
Quanto alla prima questione, c’è chi conferma le voci già uscite sull’assenza di alcuni colleghi di gruppo al momento del giuramento. Un’accoglienza troppo fredda che avrebbe fatto optare per il Misto, e comunque su un malcontento maturato negli ultimi tempi. Per via della non troppa considerazione all’interno del partito, ad esempio nella scelta del nuovo assessore regionale, che si sarebbe tradotto nello scollamento – talvolta più che evidente – tra il gruppo consiliare e l’assessore di riferimento. In relazione ad esempio al decentramento, da sempre cavallo di battaglia degli autonomisti, o alla Ztl del Castello Ursino.
C’è chi invece ritiene il passaggio al Misto frutto di un malumore che Porto avrebbe coltivato da tempo nei confronti del leader autonomista. Un nodo al fazzoletto dopo la mancata elezione all’Ars nel 2022 a favore di Castiglione che il neo deputato avrebbe sciolto alla prima occasione possibile. Nessuna certezza, nessuna conferma né dell’interessato né degli ex colleghi di partito.
Resta l’interrogativo sul “dopo Porto” a Palazzo degli Elefanti. La casella vuota potrebbe essere riempita da un altro autonomista. E a quel punto la scelta potrebbe davvero cadere su Roberto Commercio, da tempo esponente illustre del movimento e vicino al suo leader. Ma potrebbe anche restare tutto nelle mani del sindaco trattenendo per sé le deleghe. Una mossa che, però, andrebbe a rompere il patto elettorale e che potrebbe scatenare altre reazioni a catena.