PALERMO – Una strana trasferta romana, una bolletta telefonica pagata all’onorevole Michele Cimino, 500 euro di cassate comprate al bar della famiglia del deputato Franco Mineo, e il caso della macchina personale di Titti Bufardeci utilizzata e pagata dal gruppo Sicilia di cui era presidente.
C’è tutto questo nell’interrogatorio di Bufardeci che risponde per tre ore ai pubblici ministeri Maurizio Agnello, Sergio Demontis e Luca Battinieri che indagano sulle spese “pazze” all’Ars. L’ex assessore regionale, fuori dalla stanza dei pm, accompagnato dagli avvocati Nino Caleca e Paolo Reale, si dice sereno: “Ho risposto punto per punto, penso di aver affrontato nel dettaglio ogni contestazione”. Dalle carte del Nucleo tutela spesa pubblica della guardia di finanza emergono particolari finora inediti. A cominciare da una trasferta romana.
Dal 10 al 12 maggio 2011 Bufardeci sale su una aereo per la Capitale. Ha acquistato un pacchetto last minute per poche centinaia di euro. In aereo ci sono anche la moglie e la figlia. Le loro spese di viaggio, però, risultano detratte da quelle rimborsate dal gruppo. Insomma, Bufardeci ha pagato l’aereo per i familiari di tasca propria. Fin qui tutto regolare, ma ci sono alcuni passaggi che insospettiscono i finanzieri. Risulta, infatti, un pranzo per tre persone consumato al ristorante del Foro Italico, nello stesso impianto dove si disputavano in quei giorni gli Internazionali di tennis. Tre commensali, dunque. Erano Bufardeci, la moglie e la figlia? Bufardeci spegne il sospetto degli inquirenti. Sostiene, infatti, di avere mangiato con due consiglieri provinciali, di cui si riserva di fare sapere i nomi, e fa rientrare il pranzo alla voce “attività politica”.
Cosa c’era di così importante, dal punto di vista politico, da discutere al ristorante del circolo romano del tennis? Su questo si concentrano le indagini dei finanzieri. Anche se Bufardeci, come spiegano i suoi legali, ha dimostrato che in quei giorni “a Roma si discuteva della riforma dell’articolo 36 dello Statuto siciliano. Non esiste agli atti alcun pagamento di ingressi ad alcuna manifestazione sportiva. Bufardeci era a Roma per impegni politici e ha pagato di tasca propria le spese per i familiari”. Da Roma Bufardeci, il 12 maggio 2011, è rientrato a Siracusa al volante di una macchina noleggiata. C’erano anche i familiari a bordo di quell’auto? Il capogruppo smentisce anche questa circostanza.
Tra le spese che gli vengono contestate ci sono pure 500 euro per l’acquisto di diverse cassate, dolci tipici della tradizione siciliana. La firma sull’assegno utilizzato per pagare è dell’onorevole Franco Mineo. Nel corso dell’interrogatorio, infatti, è emersa un’altra novità: Mineo, in qualità di vice capogruppo, aveva la firma depositata sul conto corrente del gruppo. Tanto che Bufardeci ha disconosciuto la paternità dell’acquisto che svela un’ulteriore curiosità: le cassate non sono state comprate in un bar qualsiasi, ma in un locale del rione Arenella riconducibile alla famiglia Mineo. “Abbiamo scelto di fare un regalo ai dipendenti che fosse il più sicilianista possibile – spiega a Livesicilia Mineo -. Mio papà ha una riconosciuta tradizione di pasticceria per la qualità dei prodotti. Io avevo l’abitudine di portare spesso i dolci al gruppo. E così mi hanno chiesto di rivolgerci a mio padre”.
Tra le spese contestate a Bufardeci ci sono pure i 1500 euro per pagare una bolletta intestata all’onorevole Michele Cimino. Anche questo pagamento è stato disconosciuto da Bufardeci.
Nel corso delle tre ore d’interrogatorio dell’ex presidente del gruppo Sicilia si è parlato anche del rimborso dei soldi per il carburante e la manutenzione della macchina di Bufardeci, una Ford Kuga. Totale: 35 mila euro. “Abbiamo fatto fare dei preventivi – ha spiegato l’ex capogruppo – e ci siamo accorti che ci sarebbe stato un notevole risparmio se avessimo utilizzato come auto del gruppo la mia vettura, acquistata pochi mesi prima. In pratica, con l’utilizzo della mia auto sono stati spesi circa mille euro al mese tra benzina e assicurazione”.
Infine ci sono spese per migliaia di euro senza alcuna pezza d’appoggio. Pagamenti per circa sei mila euro attribuiti dall’accusa a Bufardeci e ad altri deputati. L’ex assessore si è detto “sorpreso” dell’assenza dei giustificativi, descrivendo, però, la procedura: “Gli onorevoli presentavano la documentazione, che veniva vagliata dall’amministratore del gruppo. Infine, il capogruppo firmava gli assegni”.