"Bambini in macchina, cosa fare per non dimenticarli"

“Bambini in macchina, cosa fare per non dimenticarli”

Bambini in macchina: i consigli dello psichiatra Daniele La Barbera, per scongiurare tragedie.
LA TRAGEDIA
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“Può accadere, purtroppo. Non c’è consapevolezza, non c’è volontà. E non è colpa di nessuno. La tragedia di un bambino che muore in macchina, perché dimenticato da un genitore, è un lutto inemendabile che non si supera mai davvero”.

Daniele La Barbera, professore, primario, psichiatra a Palermo, entra nel cuore di vicende terribili. Bambini piccoli, lasciati nell’abitacolo di un’auto dai genitori, che perdono la vita. E’ successo a Roma ed era successo a Catania.

Professore, perché?
“Non c’è nessun elemento di negligenza. Sono fenomeni psichici del tutto noti che provocano una momentanea disorganizzazione dei processi mentali”.

Cioè?
“Si tratta di micro-dissociazioni. La mente non funziona più in chiave globale, ma per settori. Sono preoccupato per una questione da affrontare, ho un forte motivo di stress… Le priorità da focalizzare sono quelle e non vediamo più il resto. Ne facciamo esperienza di continuo”.

Quando?
“Entro in una stanza e non ricordo più il motivo. Scordo dove ho posato le chiavi. Ecco alcuni esempi tipici. Fino alla tragedia di perdere di vista il neonato in macchina, perché sono concentrato su altro”.

C’è qualcuno maggiormente predisposto?
“Sì, ci sono persone con una maggiore tendenza. Chi è, appunto, in un periodo di stress, chi ha subito un trauma, chi è molto stanco…”.

L’elenco è vasto. Si può fare qualcosa?
“Ci sono degli strumenti tecnici. E ci sono degli accorgimenti molto utili”.

Quali?
“Devo andare in ufficio e accompagnare mio figlio? Metto la borsa del lavoro nel sedile, accanto al bambino. Così, almeno me ne accorgerò, pure se sono concentrato sul mio lavoro, evitando una tragedia. L’importante è sempre costringersi a guardare tutto, non solo la porzione che la mia mente mi fa notare. E un’altra cosa”.

Cosa?
“Sarebbe utile limitare l’uso delle tecnologie, anche se è difficile. Siamo circondati da strumenti che ci distraggono e che ci permettono di astrarci, basta un semplice smartphone, impedendoci di cogliere il contesto che ci circonda”. (rp)


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