Covid, quei posti letto 'negati': "La situazione è gravissima"

Covid, quei posti letto ‘negati’: “La situazione è gravissima”

Le parole del primario di Psichiatria e quei malati abbandonati.

PALERMO – I ‘pazzi’. Così vengono chiamati in quei colloqui intimi e un po’ sporchi, con se stessi, o con amici fidati, al riparo da orecchie indiscrete. Perché la salute mentale è ancora uno stigma. Si perdona ogni tipo di ferita. Anzi, le si corre in soccorso. Si archivia ogni forma di male nel libro sterminato della sofferenza, capitolo per capitolo. Ma la psichiatria, nei recessi delle paure di troppi, fa ancora rima con stregoneria, perché l’abisso che cura, con le sue parole nude, invita ad addentrarsi in zone umane inesplorate. E i cerotti che appiccica, un secondo dopo, possono non esserci più.

E poi ci sono le scelte della Sanità pubblica che sicuramente non sono ispirate ai pregiudizi e tuttavia possono risultare foriere di disagio, al tempo del Covid. Se, per esempio, si decide che un reparto psichiatrico può essere chiuso per fare spazio ai ricoverati del Coronavirus, frantumando così la favola bella che si narra in Sicilia: a nessuno è stato tolto un posto. Leggendo la storia che segue, non pare che sia una affermazione del tutto precisa.

“Il reparto di Psichiatria del Policlinico ‘Paolo Giaccone’ è stato nuovamente chiuso – dice il suo primario, il professore Daniele La Barbera (nella foto), un professionista sensibile che tante volte ci ha aiutato a intravvedere nell’oscurità di storie complicate -. Mi spiace dovere fare questa intervista drammatica e mai avrei voluto. Ma siamo in emergenza e la situazione è gravissima”.

Non è la prima volta, come il racconto chiarisce e come avevamo già riportato a filo di cronaca. “La prima telefonata – spiega il professore La Barbera – a marzo 2020. Mi viene comunicato che, dato l’aumento esponenziale dei ricoveri, servono i nostri posti letto. E mi viene assicurato che a luglio riapriremo. Rientriamo a luglio, ma del 2021. Lei ha idea di cosa sia una unità inattiva per quindici mesi, che non ricovera, che non porta avanti le sue terapie nei confronti di malati che sono molto spesso gravi e dunque bisognosi di assistenza ospedaliera? Pazienti cronici, difficili che perdono fiducia perché non possono contare più su di noi. Comunque, rieccoci. Solo che a gennaio scorso, altra comunicazione: i nostri posti servono di nuovo, il reparto viene ancora chiuso”.

Daniele La Barbera – risalta nelle chiacchierate con lui – è un uomo di mite fermezza. E quando deve dire qualcosa, non le manda a dire: “Abbiamo calcolato di avere perso circa il cinquanta per cento dei pazienti – incalza il professore -. Molti non ricominceranno più un percorso, perché il rapporto si è interrotto irrimediabilmente, sgretolando il principio basilare della continuità terapeutica. Si parla di tutti, giustamente, delle esigenze sacrosante di tutti e delle cure negate dalla pandemia. Non si parla mai dei pazienti psichiatrici”.

“Oltretutto salta agli occhi – ecco la denuncia – che non è stata messa a punto alcuna programmazione su come affrontare la prevedibile recrudescenza del Covid. Mi pare che siamo in balia di decisioni estemporanee, rese obbligatorie dalla necessità. Abbiamo dovuto dimettere tutti in fretta e furia e non cogliamo segnali incoraggianti sul futuro. Il Policlinico è sede universitaria, c’è anche un colpo mortale dato alla formazione. E questo accade in un momento in cui il disagio psichico è una terribile emergenza. Togliere dodici posti letto a una rete di assistenza psichiatrica cittadina già fortemente carente spiega perché di frequente i pazienti psichiatrici vengano ricoverati fuori provincia e a volte anche fuori regione”. Ma tanto sono ‘pazzi’, nella declinazione ribalda dei nostri timori inconfessabili. Chi mai si prenderà cura di loro, se non i coraggiosi che hanno la forza di scrutare il buio?


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