CATANIA- Viaggi e compensi milionari agli amministratori mentre i bilanci delle società che gestivano i Bingo Alcalà e Caronda sarebbero stati falsificati. Una bancarotta fraudolenta da 15milioni di euro, sostiene la Procura di Roma.L’inchiesta “Labirinto” della Guardia di Finanza ipotizza il coinvolgimento di nomi eccellenti dell’imprenditoria e della finanza catanese e nazionale.
A partire da Vittorio Casale, massone, dalemiano, indagato con catanesi da sempre al di sopra di ogni sospetto.
LA DIFESA- Per dipanare la matassa di accuse e ipotesi giudiziarie, uno degli indagati, Alessandro Indovina, incensurato, ha nominato come legale di fiducia Antonio Fiumefreddo, l’amico di sempre, che sta guidando il pool di esperti impegnati nella “ricostruzione -ha spiegato Fiumefreddo a Livesicilia- di ogni passaggio della gestione delle società sott’accusa”. Si tratta di una fase preliminare dell’inchiesta, e per questo, Fiumefreddo confida che, una volta ultimate le indagini difensive, “gli inquirenti avranno tutti gli elementi per una valutazione completa che dimostretà l’assoluta estraneità degli indagati ad ogni coinvolgimento”. Stesso discorso per le spese sostenute dagli amministratori prima del fallimento delle società: “Tutto è avvenuto nel rispetto delle norme”.
L’AVVISO DI GARANZIA- Il primo capo d’accusa è di concorso in bancarotta fraudolenta. Claudio Capostagno, presidente del Cda della Giocabingo Srl, Alessandro Carlo Indovina, consigliere delegato, Federico Josè Escorial Bonet, consigliere, Vittorio Casale, consigliere, Josè Ramon Ortuzar Estornes, avrebbero distratto 2.744 euro “non versati all’erario nel 2005 relativa a contributi Inps/Enpals”, 135.039 euro per “spese di rappresentanza e per viaggi e soggiorni nel 2004, per tipologia e valore assolutamente incongruenti all’attività imprenditoriale esercitata”, 354.778 euro per spese di rappresentanza e per viaggi e soggiorni.
In concorso avrebbero “falsificato con lo scopo di procurare a sé e agli altri un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture contabili, comunque tenuti da non rendere possibile la ricostrzuione del patrimonio e del movimento degli affari”.
In pratica, con lo scopo di non manifestare il reale stato di salute dei bilanci, avrebbero falsificato le scritture contabili. La perizia del Ctu incaricato dal pubblico ministero ipotizza che il bilancio 2004, con una “perdita effettiva” di 1.593.471 euro, sarebbe stato dichiarato con un attivo di 158.818 euro.
Il secondo capo d’indagine, coinvolge Claudio Capostagno, Alessandro Indovina e Vittorio Casale, l’accusa è sempre di concorso in bancarotta fraudolenta. La Procura di Roma ipotizza che gli indagati avrebbero distratto 1.548.946,60 euro non versati all’erario nel 2007 , 1.153.711,97 non versati all’erario nel 2009. C’è un lungo elenco di somme che sarebbero state destinate a spese di rappresentanza, viaggi e soggiorni “assolutamente incongruenti all’attività imprenditoriale esercitata”: 392.638 euro nel 2006, 392.634 nel 2007, 369.244 nel 2008, 321.691,12 nel 2009.
Allo scopo di “procurare a sé e ad altri un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori”, avrebbero falsificato i libri e le scritture contabili nel 2006, 2007, 2008.
Altro capo d’indagine riguarda Capostagno, Indovina e Giammusso, che avrebbero venduto l’attività di gestione della Sala Bingo di via Caronda alla Fin Bingo Srl, con sede a Catania al prezzo di 30mila euro circa, prezzo ritenuto “incongruo” dai magistrati, visto che il 50% delle azioni della Giocabingo era stato valutato 6,5milioni di euro. Per evitare l’aggressione patrimoniale da parte dei creditori, la Finbingo sarebbe stata distratta alla Gold Star 2013, della quale Claudio Capostagno è procuratore speciale.
Claudio Capostagno e Alessandro Indovina avrebbero ceduto la Sala Bingo di piazza Alcalà alla Cmt rappresentanta da Claudio Capostagno al prezzo di 20mila euro, nonostante fosse stata valutata 6,5milioni di euro.
Andrea Tomasich, Claudio Capostagno e Alessandro Carlo Indovina avrebbero “distratto e dissipato attivo fallimentare”, cioè impianti tecnologici per 813mila euro, crediti verso società collegate D Service Srl, Teknos Immobiliare e Immobiliare Alcalà, aggiudicatrice dell’appalto per la realizzazione della viabilità di scorrimento di Catania da 140milioni di euro, per un totale di 5,3milioni di euro.
Claudio Capostagno e Alessandro Carlo Indovina, nonostante la Giocabingo Srl fosse in stato di insolvenza, avrebbero distratto e dissipato attivo fallimentare per 1.933.991 milioni di euro ricevendo compensi netti milionari. Secondo la ricostruzione della magistratura si tratterebbe di 1milione di euro a Claudio Capostagno e poco meno ad Alessandro Carlo Indovina.
Andrea Tomasich è indagato quale amministratroe unico e liquidatore della Giocabingo per aver tenuto i libri contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, stesso discorso per Francesco Binetti.