Molti anni fa, chi cercava qualche risposta, aveva il vizio antico di prendere un libro dallo scaffale e sfogliarlo. Come si può essere siciliani? Soccorreva Leonardo Sciascia: “Con difficoltà”. Che, scritta così, sembrerebbe una minutaglia, ma bisognerebbe leggere tutto il ragionamento che c’è dietro per sentirsi pervasi da una luce capace di disperdere il pulviscolo del pregiudizio. E adesso? Beh, adesso c’è Barbara D’Urso, al posto di Sciascia, e c’è la vasta platea del chiacchiericcio social al posto dei libri. Mica vogliamo atteggiarci a vecchi arnesi, quindi si rifugga da ogni soprassalto moralistico. Sono i tempi – e che tempi – per cui, invece di riscoprire Sciascia che raccontava Borgese, ora si ascolta Barbara che ci mostra in video Angela da Mondello e la famosa coppia dell’ancora più famoso hotel. Né si scorgono moltitudini di petti commossi dallo sdegno. Per cui è da supporre che vada bene così. Anzi, proprio l’inarcarsi minoritario e aristocratico del sopracciglio – con annesso monocolo culturale – va rifiutato come il sintomo di una superbia che non ha ragione d’esistere. Se siamo a questo punto è perché i libri di Sciascia li abbiamo letti malissimo. Ben ci sta.
D’altra parte, proprio rileggendo, c’è un frammento in ‘Fatti diversi di storia letteraria e civile’ che può, una volta di più, soccorrerci, in una pagina dedicata a Borgese in cui – citandola – si accenna all’epopea del vicinato quale sostanza di una certa letteratura popolaresca.
Forse, in modo improprio, il Dursismo è davvero una forma di racconto popolare – le minuzie che passa il convento – pensato nella dimensione del pettegolezzo, dell’origiliare, dell’andare a diffondere cose, ammonendo: ‘ma tu non dirlo a nessuno’, in modo che tutti siano informati. Così, Angela da Mondello e l’hotel famoso con la famosa coppia diventano prototipi letterari della nostra epoca. E siamo d’accordo che sono reperti minimi, che non è ‘Il giorno della civetta’ e neanche ‘L’antologia di Spoon river’ (di altro autore). Ma, se questi sono i tempi, appunto, tale è la narrazione che li accompagna. Cosa avremmo dovuto fare per evitarlo? Leggere i libri e capirli, già molti anni addietro, senza abbandonarli sugli scaffali, a prendere polvere, simboli di una eternità condannata all’oblio da un pensiero effimero, che non sa leggere né scrivere, perché vuole soltanto guardare.
Così adesso è Barbara a spiegarci che cosa sembra essere la Sicilia, non ciò che è, con le maschere raccattate nei cortili o nei parcheggi. Una narrazione che si rivela futile, tuttavia, già nell’istante del suo svolgimento. Ne ‘Il contesto’, ammoniva il presidente Riches, a colloquio con l’ispettore Rogas: “Il suo mestiere, mio caro amico, è diventato ridicolo. Presuppone l’esistenza dell’individuo e l’individuo non c’è”. E se non c’è più l’individuo, se siamo anime cieche, prive del passaporto identitario, membri del popolo dei guardoni, senza distinzione tra i punti cardinali, come possono esserci i siciliani? Noi, prigionieri della triade implacabile: web-social-D’Urso che non conosce patrie, né confini nelle reazioni in fotocopia che stuzzica, le stesse, a qualsiasi latitudine geografica e spirituale. Allora, come potrebbe esserci la Sicilia?