GELA – Una rete di scambio continua. Perché continua era la richiesta sul territorio. Bar, cinema, autolavaggi e persino il chiosco-bar delle scuole di Piano Notaro, a Gela, erano i punti nevralgici del traffico dello stupefacente. In sedici sono finiti sotto le lenti della magistratura: dieci in carcere, cinque ai domiciliari e uno sottoposto a obbligo di firma, tutti soggetti definiti dalla magistratura “pericolosi e propensi a reiterare”. Dietro le sbarre sono finiti Massimiliano Avenia di 38 anni; Giovanni Battista Calascibetta di 61 anni e la moglie Antonia Cricchio di 59, entrambi di Palermo. I gelesi Vincenzo Di Maggio, 28 anni; Giuseppe Fausto Fecondo di 45; Salvatore Graziano Mazzolino di 25; Alessandro Scilio di 38 anni; Salvatore Stamilla di 45; Luigi D’Antoni e Giovanni Traina entrambi di 52 anni. Domiciliari per Gaetano Fiaccabrino, 46 anni; Luciano Guzzardi di 53; Gaetano Marino, 33 anni e Salvatore Antonuccio di 40 anni. Obbligo di firma per A.S. (le iniziali del suo nome) fermato a Potenza. Su di loro, a vario titolo, pendono 64 capi di imputazione.
Con l’operazione “Tomato” conclusasi all’alba di oggi, grazie a Procura e Carabinieri, si chiude il cerchio attorno ad un traffico di stupefacente dove, regina incontrastata era, accanto alla cocaina, l’eroina il cui spaccio sul territorio “ritorna dopo un’epoca”. Palermo e Catania i canali di approvvigionamento maggiore per rifornire gente comune, incensurata, e tossicodipendenti ‘sfruttai’ anche come corrieri e per questo motivo anche loro fermati.
Il blitz affonda le radici in due rapine compiute, nel 2013, ai danni di altrettanti anziani. I militari hanno sospettato che i soldi rubati servissero per finanziare l’acquisto della droga. Un intuito che ha premiato il lavoro degli uomini guidati dal Maggiore Antonio De Rosa, iniziato nel settembre 2014 e concluso nel marzo 2015, mesi durante i quali i carabinieri hanno registrato 220 episodi di compravendita di stupefacente. Grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, i militari hanno interpretato i nomi in codice della droga che veniva chiamata “caffè” o “pomodoro” (da qui il titolo dell’operazione).
LE PAROLE DEL PROCURATORE. “La città oggi si rallegri”. Così Fernando Asaro, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela commenta l’operazione antidroga “Tomato” condotta dai Carabinieri di Gela, Caltanissetta, Ragusa e Potenza. “Questo è un intervento a favore di una Gela onesta, pulita. Un regalo per la Gela trasparente – aggiunge -. Lo Stato è presente e recupera fette di territorio che frequentiamo giornalmente, che alcuni si illudevano potessero essere zona franca”. “Un lavoro certosino, lungo e accurato”, gli fa eco il Colonnello Gerardo Petitto, del Comando Provinciale di Caltanissetta. Non c’erano grossi quantitativi ma numerosissimi episodi: questo denota un lavoro continuo sul territorio da parte della rete e ovviamente una richiesta costante di sostanza”. “Ritorna l’eroina dopo l’epoca della cocaina, sinonimo di rifugio e delusione, in linea con i tempi”, ancora Petitto. “Durante le perquisizioni abbiamo trovato munizioni – dice Il Maggiore De Rosa – -. Abbiamo intercettato più di 50 utenze telefoniche”. “Il consumo crea un indotto che peggiora la qualità di vita della comunità. Le indagini partono da due rapine ai danni di anziani, il cui provento è stato reimpiegato per l’acquisto della droga”, spiega Francesco Ferrante, tenente del Reparto Territoriale locale. “Si spacciava anche davanti alla scuola. E la rete si scambiava i clienti. Abbiamo appurato che i canali di approvvigionamento cambiavano a seconda del prezzo che si doveva pagare per acquistare la droga”.