PALERMO – Si apre un altro squarcio sul mandamento di Porta Nuova, il più potente della recente Cosa nostra palermitana. Il pentimento di Salvatore Bonomolo è di quelli che incidono. Il suo primo verbale è pieno di omissis.
Di cose da raccontare Bonomolo potrebbe averne parecchie. E lo dimostra il fatto che all’interrogatorio del primo giugno scorso, davanti ai pm Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, si presenta con alcuni appunti per ricordarsi di “un traffico di droga, da quando sono stato estradato, nel 2014”. La parola omissis copre il resto del racconto.
Droga e pizzo
Droga e pizzo, prima di fuggire a Caracas, sono stati il suo pane quotidiano. Giuseppe Auteri, l’amico che in carcere gli avrebbe rivelato i retroscena sull’omicidio di Enzo Fragalà, lo ha conosciuto nel 2003: “Me lo presentò Piero Lo Presti”. Potrebbe trattarsi di Calogero Lo Presti, capomafia che tutti a Porta Nuova chiamano zio Pietro: Auteri si occupava di droga “invece di andargli a portare la fornitura di droga io, se la veniva a prendere lui”. Erano gli anni in cui “a Palermo centro c’era mio cugino Agostino Badalamenti” e insieme ad Autieri “gestivamo qualche estorsione e le macchinette da poker… in un primo momento eravamo io, Arcuri e Giuseppe u terremoto”.
I negozi all’Olivella
Arcuri gli è stato presentato da “Giuseppe Di Giacomo”, ammazzato due anni fa alla Zisa. Fu il cugino, nel 2004, a incaricare Bonomolo “dell’Olivella, a fare estorsioni” e a suggerirgli di mettersi “qualcuno accanto”. E Bonomolo chiese a Di Giacomo di chi potesse fidarsi: “Il mio referente allora era Gino Salerno (in un passaggio successivo aggiungerà che a Salerno consegnava i soldi del pizzo raccolti da Arcuri)… io mi sono girato per trovare un ragazzo, gliel’ho chiesto a Giuseppe e mi presenta a stu Francesco, era uno che spacciava e ho cominciato a mandarlo nei negozi dell’Olivella”.
Spedizioni punitive e pestaggi
Estorsioni, ma anche azioni punitive: “Una volta a Sanfratello, era uno che aveva i cantieri al Capo, con mio cugino si lamentò che c’era uno che gli rubava dentro il cantiere. Lui, Arcuri lo individuò e lo portammo dentro in una macelleria del Capo e quello (Arcuri) già ci andava pesante con le mani… era un parente di Enzo Lo Iacono che gli rubava dentro il cantiere… gli fece male”. Sempre Arcuri sarebbe stato incaricato di andare nel negozio di abbigliamento ‘Prima Visione’ “perché si ritardava nei pagamenti e lui steso gli dette uno schiaffo… Ceraulo mi pare che si chiama”. Giovanni Ceraulo è il commerciante che alcuni anni fa denunciò di essere vittima del racket.
Altra vittima della violenza del clan fu Giuseppe Calcagno. Era entrato in rotta di collisione con la famiglia di Palermo centro per una partita di droga non pagata. Una sera lo sequestrarono e lo picchiarono a sangue. Doveva restituire 10 mila euro. Calcagno, sopravvissuto al pestaggio, raggiunse la più vicina caserma dei carabinieri. “Quando abbiamo ammazzato di botte a Calcagno – riferisce Bonomolo – c’era pure Auteri, per il mancato pagamento di droga, al magazzino alla Zisa… da Piero Lo Presti”.
Il golpe
Bonomolo si incontrava spesso con Auteri anche perché in quel periodo girava parecchio, indaffarato com’era ad accompagnare Tommaso Lo Presti, reggente del mandamento e oggi in cella. Lo Presti ha rischiato la vita, in occasione “del golpe, non so se l’ha sentito – spiega Bonomolo – che volevano ammazzare a Tommaso Lo Presti, che lo volevano mettere da parte Andronica e Milano… lui (Auteri) mi conosceva perché io stavo sempre con Tommaso Lo Presti… accompagnavo Tommaso Lo Presti agli appuntamenti”.
Legame fra clan nel nome del padrino
Secondo quanto Bonomolo dice di avere appreso da Auteri, l’omicidio di Enzo Fragalà sarebbe stato un favore fatto dagli uomini di Porta Nuova ai boss di Pagliarelli. “Noi da sempre siamo legati a Pagliarelli…”, dice Bonomolo che dare forza al suo ragionamento cita un episodio: “Noi quando abbiamo messo da parte a Trinca ero presente.. eravamo presenti io e Tommaso Lo Presti… c’era sempre unione ai tempi di Nino Rotolo”. Giuseppe Trinca era il capo della famiglia di corso Calatafimi, mandamento di Pagliarelli.
Il mistero Dainotti
Bonomolo fa riferimento anche a Giuseppe Dainotti, boss di Porta Nuova ammazzato il mese scorso. Il neo pentito avrebbe condiviso con la vittima la detenzione nel carcere di Sulmona. Erano in sezione diverse, ma avevano escogitato uno stratagemma per mettersi in contatto: “Parlavamo dalla feritoia… lui stava per uscire… quando veniva al campo la mia finestra dava nel campo e ci mettevamo lì a parlare…”. Anche questa parte di verbale è coperto da omissis. Chissà se prima di essere scarcerato Dainotti abbia svelato a Bonomolo i suoi piani futuri. Quei piani che potrebbero avere scatenato la furia omicida.