Bruno, l'incontro con la “testa dell'acqua”| Caccia allo “zio” che comanda a Brancaccio - Live Sicilia

Bruno, l’incontro con la “testa dell’acqua”| Caccia allo “zio” che comanda a Brancaccio

Le intercettazioni del blitz della Squadra mobile che hanno portato in cella 18 persone svelano l'esistenza di un personaggio misterioso che detterebbe legge nel feudo dei fratelli Graviano.

ZEFIRO, LE INTERCETTAZIONI
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PALERMO – C’è un un uomo misterioso ancora libero a Brancaccio. Un uomo al comando nel feudo dei fratelli Graviano. Non a caso viene definito “la testa dell’acqua”. Il clan è stato decimato dagli arresti, ma c’è ancora una pedina fondamentale capace di gestire affari e dare ordini anche a Natale Bruno, il presunto capomafia finito in cella nel blitz di venerdì scorso della Squadra mobile.

Nel 2011 l’operazione Araba Fenice smantellò la nuova mafia di Brancaccio. Furono arrestati Giuseppe Arduino, considerato il leader, e i suoi triumviri: Cesare Lupo, Giuseppe Faraone e Nino Sacco. La scorsa settimana è toccato a Bruno che si sarebbe fatto strada nel mandamento: negli anni Novanta era sua la macchina a bordo della quale i fratelli Graviano si spostavano per le strade di Milano, ora nella stessa Milano le manette sono scattate per lui.

La partita investigativa, però, non è chiusa. E sono le stesse parole di Bruno, intercettate tra maggio e giugno 2012, a farlo capire. Sono due i passaggi più delicati captati dalle microspie. Il primo fa riferimento ad un affare legato ad una tabaccheria. A chiedere l’intervento di Bruno era stato un uomo anziano, di 61 anni – anche lui non ancora identificato – che si vantava di avere conosciuto i mafiosi di un tempo. Bruno aveva un chiodo fisso, evitare di fare “brutta figura” con “quel cristianu”. Ecco le sue parole: “… poi si arricampa quel cristiano di là sopra… e trova il tabacchino… io a queste brutte figure non ci sono abituato… io sono abituato che… è buono che soldi non ne devo guadagnare, però brutta figura non ne devo fare…”. Perché Bruno ripeteva spesso di essere cresciuto “alla scuola dello zio Michele addirittura… il Graviano cioè il padre di Giuseppe, di Filippo stiamo parlano di un cristianu che…”. E l’anziano rilanciava, sostenendo di avere fatto parte, pure lui, di quella stagione in cui la gente moriva ammazzata per piccoli errori: “Sopra il motore con una ruota… i cristiani morivano perché dove passava lui…”.

A questo punto Bruno non solo faceva riferimento al passato – “Io ci sono cresciuto con loro” – ma anche all’attualità: “È uscito Benedetto”. Stava parlando, secondo gli investigatori di Benedetto Graviano, fratello maggiore degli ergastolani che nel 2011 finì di scontare la sua pena per mafia e tornò libero. Secondo il pentito Salvatore Cancemi sarebbe stato designato agli inizi degli anni ’80 da Totò Riina al vertice del mandamento. Poi sarebbe stato sostituito dai fratelli. Benedetto Graviano assiste da uomo libero al processo d’appello che lo vede imputato per estorsione aggravata e favoreggiamento a Cosa nostra. In primo grado è stato condannato a quattro anni. Nel corso di un’udienza in Tribunale disse: ‘Ho sofferto tanto, ora voglio essere dimenticato”, facendo riferimento alla sua scarcerazione del 2011.

Torniamo a Natale Bruno e alla seconda intercettazione che confermerebbe l’esistenza di un boss ancora in libertà. Bruno ha aggiunto nuovi particolari su “quel cristiano” a cui anche lui deve rispondere signorsi mentre si trovava in macchina con Francesco Paolo Valdese, arrestato nel blitz della Mobile con l’accusa di avere gestito gli affari della droga. Di Valdese Bruno aveva una grande considerazione, tanto da avere deciso di portarlo con sé ad un incontro con il personaggio misterioso: “Dimmi una cosa Francè… però devi essere sincero per come lo credi. Se c’era un altro che a me non mi piaceva, io ti portavo dalla testa dell’Acqua e ti ci presentavo?… vedi che io, personalmente, là non ho portato a nessuno. Me lo sono messo accanto a qualcuno e basta, stop. Ma… vedi che non gli ho portato a nessuno. Né là e nemmeno in altre parti. Se c’era Cesare (secondo i pm, sta parlando di Cesare Lupo), Cesare diceva ‘Non voglio conoscere a nessuno. Sbrigatela tu, a me non mi interessa, a me quello che fai tu mista bene’. Ma tu pensi che se c’era Cesare io non gli presentavo lo stesso a te?Per me è la stessa cosa. Stessa maniera. Anche perché… per un occhio di riguardo… hai capito migliore”. E Valdese era curioso di sapere cosa avesse detto la “testa dell’acqua” sul suo conto: “L’ha presa male quando… gli hai detto cose?”. E Bruno lo tranquillizzava: “Gli ho spiegato la situazione… perché… però fa… mi fa, dice… certo, se di questo picciotteddu hai bisogno… gli ho detto no, gli ho detto, di mattina, di pomeriggio… a notte… dice, vabbè! L’importante dice che siete in buoni rapporti. No, gli ho detto… per questo non c’è… senza ombra dì dubbio, gli ho detto, Zio. Lo può scrivere proprio con la firma con il sangue”.

Lo “zio” sarebbe l’uomo forte nel potente mandamento di Brancaccio. Un mandamento dove si chiede il pizzo e si fanno affari con la droga. E dove, soprattutto si ammazza. Perché è a Brancaccio che ha trovato la morte, crivellato di colpi, Francesco Nangano. Se davvero Bruno ha detto la verità, se davvero esiste un boss a lui sovraordinato, quel boss conosce i segreti della nuova Cosa nostra. Ed è ancora a piede libero.


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