Da oggi una nuova rubrica a cura di Michele Spallino farà settimanalmente il punto della situazione dei mercati finanziari
MATERIE PRIME: il paradosso del petrolio
Il petrolio , dopo aver tentato ad inizio settimana di risalire verso quota 70 in scia alla borsa, è ripiombato a nuovi minimi, ed ormai punta verso quota 50. Assieme a lui sempre venduto il rame, mentre hanno tenuto i preziosi, con lievi incrementi per oro argento e platino. Il Baltic Index, che misura il costo del trasporto navale delle materie prime ha fatto nuovi minimi scendendo sotto quota mille (era oltre 11 mila a luglio). Gli ordini di navi sono crollati del 90% anticipando la grande recessione e risentendo del blocco dei finanziamenti. L’India ha abbassato i tassi per la seconda volta in due settimane, e la Cina ha allentato alcune restrizioni creditizie. I cinesi hanno anche dichiarato che tramite il Fondo monetario internazionale forniranno liquidità ai paesi che ne faranno richiesta. La crisi e il forte rallentamento cinese stanno colpendo Hong kong, dove le vendite al dettaglio, le vendite immobiliari e gli indici manifatturieri sono tutti in pcchiata.
In questo contesto, non ci si può meravigliare che la speculazione si accanisca al ribasso sulle materie prime, segnatamente sul petolio. Ma vi saranno effetti paradossali. E’ vero infatti che il calo del prezzo del petrolio riduce l’inflazione e libera del potere d’acquisto a favore dei consumatori, ma in questo clima, dato l’elevato indebitamento, non si tradurrà in maggiori consumi; invece, ci sarà un netto calo degli introiti dei paesi produttori i quali finora erano stati i principali finanziatori del debito pubbico dei paesi sviluppati (il famoso riciclaggio dei petrodollari). Ne consegue che proprio mentre aumenterà enormemente tale debito, a causa del ridursi delle entrate fiscali (tra cui quelle sul petrolio) e dell’espandersi della spesa pubbica dovuti alla recessione, diminuirà fortemente il finanziamento estero dello stesso, e ciò provocherà un aumento del costo. I governi chiederanno allora alle banche centrali di monetizzare il debito, vale a dire di sottoscriverlo con nuova moneta. Per cui delle due l’una : o si innescherà il caos da fuga dai titoli pubblici, o si innescherà una nuova grande ondata inflazionistica.
Si conclude con : petrolio a 61(dicembre) gas naturale a 7(gennaio) oro a 734(dicembre) argento a 9,9(dicembre) platino a 852(gennaio) palladio a 224(dicembre) rame a 170(dicembre).
CAMBI: volumi in calo
L’indice generale del dollaro è variato di poco concludendo a 85,9.Sono lievemente salite le valute commodities (canada, australia, nuova zelanda), sostanzialmente fermi lo yen e l’euro, hanno perso ancora valore alcuni emergenti(sudafrica, sud corea, valute dell’est europa), ed hanno perso -dopo il loro calo dei tassi superiore alle attese- sterlina e franco svizzero.
Il taglio dei tassi della BCE e l’aumento della disoccupazione americana hanno avuto nel complesso poco effetto sull’eurodollaro perchè entrambi attesi, e il cambio conclude a 1,275 come sette giorni prima. Inizialmente l’euro era salito dopo l’annuncio del taglio da mezzo punto perchè molti si aspettavano 75 cts. o anche più (sullo stile inglese). Poi però, pur avendo Trichet fatto capire che a dicembre si taglierà ancora, l’euro è stato rimandato giù sulla considerazione che la “manina corta” della BCE danneggia le prospettive di crescita economica europea rispetto agli USA e alle altre principali valute.
Il che dimostra quanto sia cambiata la logica imperante: dagli acquisti sulle valute a tassi più alti che regnavano fino a poco tempo fa, agli attuali acquisti sulle valute che li abbassano di più. Il dollaro beneficia inoltre dell’idea che rappresenti (con i bonds americani) un bene rifugio in questa fase di altissimo rischio sistemico, come mostra la volatilità che resta vicina ai massimi anche se le quotazioni hanno fluttuato in un range più contenuto: per l’indice del dollaro negli ultimi 10 giorni l’ampiezza media delle futtuazioni è stata di 290 punti base contro i 77 di inizio settembre e i 106 di metà ottobre. E questo livello di volatilità non riguarda solo il dollaro, bensì tutte le valute. La conseguenza è stata che i volumi sul mercato dei cambi sono scesi notevolmente, segno che l’abnorme volatilità degli ultimi tempi ha spinto molti partecipanti ad astenersi dalle contrattazioni. Pertanto è possibile che si resti nel range 1.2300-1.3300 per il prossimo periodo, il che conforta l’interpretazione di un ciclo ribassista terminato a 1.2320 seguito adesso da un periodo di consolidamento in attesa di imboccare una nuova direzione.
OBBLIGAZIONI: tassi in picchiata
E’ stata la settimana dei gran tagli dei tassi ufficiali, con lo spettacolare ribasso degli inglesi (-150 cts.) seguito dal -0,75 cts. degli australiani, e dal -0,50 cts. di europei, svizzeri e danesi.
Negli USA i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano il 2,45% (-40 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è crollato al 2,29%(-72 cts.) e ad un anno al 2,8%(-37 cts.); i bot a 3 mesi allo 0,28%(-16 cts.). I rendimenti dei bonds a 2 anni a 1,33%(-24 cts.); a 5 anni al 2,56%(-28 cts.); il decennale al 3,78% (-19 cts); a 30 anni al 4,27%(-9 cts.).
L’interbancario quindi ha finalmente mollato, in un contesto in cui i rendimenti obbligazionari hanno virato al ribasso su tutte le scadenze, dimostrando che il focus è sempre più recessivo – per cui si amplia il differenziale tra 2 e 10 anni a 245 (+8 cts). Scendono anche i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (-26 cts. al 6,4%) e quindicennali(-31 cts. al 5,88%) e anche quelli a tasso variabile ad un anno (-13 cts. al 5,25%). Scendono i differenziali dei titoli ipotecari rispetto ai titoli di stato (+177 cts. sul decennale). In aumento invece i differenziali sui titoli delle imprese a +221 cts. per quelle primarie, a +949 cts. per quelle considerate “spazzatura”.
Sale lievemente il rendimento del decennale giapponese (1,51%), mentre sono rimasti fermi i rendimenti sugli obbligazionari dei paesi emergenti, con l’eccezione dei bond brasiliani(-42 cts.) al 8,13% sul decennale (messicani fermi al 7,59%.).
In Europa i tassi euribor non hanno dato analoghi segnali di miglioramento, limitandosi a recepire solo parzialmente il calo dei tassi ufficiali: ad un mese al 4,13%(-35 cts.) a tre mesi al 4,53%(-30 cts.) ad un anno al 4,60%(-35 cts.). Nonostante il calo dei tassi sull’interbancario, le banche restano riluttanti a prestarsi denaro l’un l’altra come si deduce dall’ammontare record di fondi depositati presso la BCE: circa 300 miliardi di euro. Quindi la situazione è un pò ridicola, perchè la BCE continua a pompare nuova moneta nel sistema bancario, ma per circa la metà questa le ritorna indietro.
I rendimenti sui bund tedeschi in ulteriore calo sui 2 anni al 2,41%(-13 cts.) e(-22 cts.) in calo sul decennale (3,68%): si contiene quindi il differenziale tra 2 e 10 anni (+127 cts.) confermando il focus recessivo ed il venir meno delle paure inflazionistiche; ed il differenziale con i bonds USA scende a -10 cts. per il bund sul decennale, ma risale sulla scadenza a due anni (+108 cts.) a favore del bund. I Btp questa settimana hanno recuperato terreno rispetto ai Bund, con lo spread fra i rendimenti dei decennali Btp e Bund che si è ristretto fino a toccare i 90 cts., dopo aver rotto al rialzo la soglia dei 100 lo scorso 28 ottobre e dopo aver registrato il livello record di 132 , nuovo massimo dall’introduzione dell’euro, lo scorso 31 ottobre.
BORSE: come atteso
Dopo aver ritestato la settimana scorsa il minimo in area 840, lo sp500 era salito del 10.5%. Questa settimana il rialzo è continuato fino alle elezioni americane di martedì, finite le quali è iniziato lo storno ,in linea con quanto mi aspettavo come da flash del mercoledì; lo storno è andato lievemente oltre quanto stimassi, cioè ha ritracciato il 66% circa del rialzo invece che il 50%.Infine venerdì la borsa ha ripreso a salire nonostante i dati molto negativi sull’occupazione. Direi quindi che non ci sono novità apprezzabili circa il conteggio illustrato nella scorsa Nota, per cui la quinta onda del ciclo ribassista si è conclusa a fine ottobre a 845, in un contesto più generale che può essere visto come un insieme di tre ABC a cominciare da ottobre 2007: il primo finito al minimo di gennaio (1270), il secondo al massimo di maggio (1440), ed il terzo appunto adesso (840). Oppure il tutto può essere visto come una classica sequenza di 5 onde, la prima finita al minimo di marzo, la seconda a maggio, la terza a luglio, la quarta ad agosto e la quinta adesso ad ottobre, in linea con la previsione originariamente qui formulata fin dall’inizio del mercato Orso.
In entrambi i conteggi, ora viene il turno di un rimbalzo, anche perchè le condizioni tecniche (il maggior ipervenduto dal 1974) lo rendono credibile. Di norma il rimbalzo dovrebbe rispettare i tipici livelli di fibonacci, ritracciando dal 38.2% al 50% dell’intero ribasso, il che significa arrivare tra 1120 e 1210 che è la metà strada tra 1576 e 840. Ma come spiegato la scorsa nota vi sono tutta una serie di resistenze che rendono ben più credibili livelli come 1107 e 1179. In particolare,focalizzandosi sull’ultimo ciclo, iniziato ad agosto a 1313, e contando le onde successive(1134 la 1, 1265 la 2, 840 la 3, 1044 la 4 e 845 la 5) il primo obiettivo del rimbalzo era in area mille ed è stato infatti raggiunto (massimo a 1008), seguìto dalla seconda onda di ritracciamento che pare essere finita a 900 esatti (il 66% di ritracciamento).Adesso quindi dovrebbe esserci la terza onda rialzista e si può calcolarne il punto di arrivo sempre in base alle relazioni di fibonacci tra le onde: ipotizzando che faccia il 50%-61.8% in più della prima onda che è stata di 163 punti(da 845 a 1008),sarebbero 244- 264 punti che da 900 dovrebbero quindi portare l’indice a 1144-1164. Questa proiezione è anche in linea con l’area 1179 già identificata. Naturalmente il viaggio da 900 appena iniziato, e che deve essere confermato, sarà a sua volta costellato di micro onde, ma un punto importante di riferimento è la tempistica. Finora tutto il mercato Orso ha avuto fasi di rimbalzo di un mese o massimo due mesi. Il mese quindi scadrebbe a fine novembre, e non è irrealistico ipotizzare che in questo frattempo si possa fare un rialzo simile visto che in mezzo c’è il g20 della “nuova bretton woods” che potrebbe fomentare illusioni positive. Ma, naturalmente ,appare più probabile che ci possano volere un paio di mesi e quindi andare a fine anno. Andrò monitorando, l’idea di fondo resta che all’eventuale raggiungimento di questi livelli ci si rimette in vendita, perchè il destino dello sp500 è quello di andare giù fino almeno in area 500-600.
Si conclude con Dow a 8943 -4,3% ( -33% da inizio anno) SP500 a 931 -4%(-37%) Nasdaq100 a 1272 -5%(-39%)Russell -6%( -34%) Trasporti -5,7%( -20%) utilities +0% (-31%) semiconduttori -7% ( -45%) Broker -8%( -60%) Banche -10%( -39%).Il rapporto tra put e call fermo a 0,97 l’indice della volatilità VIX scende a 56.
Il Nikkey giapponese a 8583 -5%(-44% da inizio anno), il Dax a 4938 -1%(-39%) il cac francese a 3469, il footsie inglese a 4387, spmib a 21911 e mibtel a 16943 (-42% da inizio anno, lancette dell’orologio borsistico nostrano – in termini nominali- indietro di 12 anni: chi lo avesse comprato nel 1996 e se lo fosse tenuto sperando nel “lungo termine”, oggi si ritrova con lo stesso nominale e con un valore reale che è circa un quarto). Tra gli emergenti: Brasile -1,3%(-42%) Russia +0% (-66%) India +2%(-51%) Cina +1%(-67%).
PREVISIONI: in attesa del g20
Negli USA non ci sono dati fino a giovedì, quando arriveranno i deficit gemelli (estero ed interno), e poi venerdì uno dei dati più importanti: le vendite al dettaglio, con scorte, prezzi all’importazione e fiducia dei consumatori, oltre che ad un intervento di Bernanke. L’andamento dei consumi è già atteso pessimo, per cui – come successo venerdì scorso sui dati occupazionali – potrebbe essere sufficiente un assenza di ulteriore sorpresa negativa per non infastidire la borsa, che sarà proiettata sul summit del g20 del fine settimana.
Più fitta l’agenda europea che inizia lunedì con l’indicatore tedesco zew il quale continuerà a riflettere le condizioni recessive in cui si trova la prima economia del vecchio continente; poi arriveranno la produzione industriale per l’area euro, e a fine settimana il PIL e l’inflazione, entrambi numeri che certamente non daranno fiducia nei fondamentali dell’economia. In assenza di sorprese positive sul fronte europeo, e poichè altrettanto sarà vero per quello americano, l’eurodollaro dovrebbe rimanere in una pur ampia fascia laterale, all’interno della quale mostrare una preferenza rialzista se – come atteso- le borse proseguiranno nel loro rimbalzo.
Michele Spallino è nato il 13 agosto 1955; moglie francese, tre figli. 1° Premio Philips 1976, con “Una proposta per la riforma dell’impresa”. laureato in Economia e Commercio, con lode, all’Università di Roma nel 1977. Dal 1986 Responsabile dell’Ufficio Studi della Cassa di Risparmio in Bologna. Dal 1993 Capo Area Finanza dell’attuale Credito Siciliano. Dal 1998 è a Milano, in Bancaperta, con l’incarico di Responsabile del Servizio Studi, e Segretario del Comitato d’Investimento. Dal 2003, opera in proprio sui mercati finanziari (cambi- tassi d’interesse- commodities- borse). Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di economia e finanza, tra cui “I consumi privati” ed. ESI,1985 e vari articoli su quotidiani, tra cui Il Sole 24 ore. E’ stato più volte intervistato dalle TV di : Reuters, Bloomberg, CFN
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