Calenda, lo sbarco e il programma: | "La Sicilia deve aiutarsi da sola" - Live Sicilia

Calenda, lo sbarco e il programma: | “La Sicilia deve aiutarsi da sola”

Carlo Calenda tra Salvo Toscano e il direttore di LiveSicilia Accursio Sabella

Dai primi passi della nuova creatura politica al rapporto con Matteo Renzi, passando per gli investimenti al Sud e il ponte sullo Stretto

PALERMO – Carlo Calenda e ‘Azione’ approdano per la prima volta in Sicilia. Prima dell’evento di presentazione del movimento al Magneti Cowork, l’ex ministro dello Sviluppo economico è stato ospite di Live Sicilia per rispondere alle domande dei lettori e della redazione nel corso di una diretta Facebook. Diversi i temi trattati, dalle prime mosse della nuova creatura politica al rapporto con Matteo Renzi, passando per il ponte sullo Stretto di Messina e gli investimenti al Sud.

Il primo quesito riguarda le proposte di stampo economico-finanziario nel programma di Azione. “Il nostro ragionamento è abbastanza semplice. Se dovessimo fare una manovra toglieremmo ‘Quota 100’, l’Italia investe sulle pensioni molto più degli altri paesi. Ma dove investe meno? Intanto su sicurezza, scuola e salute. E poi un imprenditore che investe, piccolo, medio o grande, deve ottenere un carico di imposta: lo Stato non può tagliare le tasse a tutti, ma lo può fare a chi investe e genera occupazione. Altro punto è il taglio del cuneo fiscale però siamo dell’idea che vada concentrato tutto sui giovani fino a trent’anni, che non solo non trovano lavoro, ma sono pagati in modo ridicolo: la media degli stipendi dei venticinquenni è di 850 euro. L’ultimo punto è l’evasione fiscale: collegare per legge ogni euro recuperato a una riduzione delle imposte”.

I lettori evidenziano come l’Italia abbia bisogno di una politica industriale e di maggiore occupazione nel settore manifatturiero, soprattutto al Sud. “Al Sud è un problema grosso. Durante la crisi l’Italia ha perso il 25 per cento della manodopera manifatturiera, che poi al Sud non è proprio ripartita. Abbiamo fatto molti investimenti, da Buitoni a General Electric a Hitachi, ma il problema era l’amministrazione con cui lavorare: nei miei anni al ministero, gli unici governatori che credo di non aver incontrato sono quelli della Sicilia. Non sono mai venuti a chiedere supporto, come se ci fosse la presunzione che l’Isola sia un mondo a parte. Quindi è vero che ci vuole un intervento, ma ricostruendo la base industriale”.

Eppure, se da vent’anni gli investimenti pubblici pro capite sono più alti al Nord, qualcosa comunque non va. “Faccio un esempio sui fondi per il settore manifatturiero: l’80 per cento è del Sud, lo dice una norma nazionale del governo Berlusconi, e viene appunto conteso da tutte le Regioni del Sud. La domanda è: perché ci sono territori che comunque ci provano, e territori che proprio non lo fanno? Qui in Sicilia, Regione a statuto speciale con molti fondi europei, la questione per un siciliano non è: ‘Perché non mi aiutano?’, ma invece: ‘Perché ho votato persone che non hanno gestito nulla?’.

In molti poi si chiedono se non sia il caso di riappacificarsi con Matteo Renzi, non ravvisando fra Calenda e il leader di Italia viva divergenze insormontabili. “Le divergenze personali ci sono sempre state tra me e Renzi, abbiamo sempre litigato e ricomposto perché abbiamo due caratteri forti. Il problema non è personale ma politico: io sono uscito dal Partito democratico perché ha fatto il governo coi Cinque stelle, sarebbe strano che io facessi un accordo con l’animatore di questo governo. La verità della politica italiana non è un Tetris. Il tuo posizionamento non è dato da quello che dici ma da quello che fai. E io ti valuto per quello che fai. Se c’è una cosa che ho capito quest’estate, è che quel che si dice non vale assolutamente nulla”.

Però, in prospettiva, con qualcuno Azione dovrà pur dialogare. “L’obbiettivo di Azione è proprio questo: costruire una forza riformista sufficientemente forte da strappare dal legame di necessità Italia viva, il Pd e dall’altro lato anche il pezzo di centrodestra che si sta rinnovando – penso a Mara Carfagna -, e dire che va ricostruito un grande fronte che metta ai lati gli estremismi. Altrimenti ci si trova a scegliere tra l’estrema di Salvini e Meloni e l’estrema di Grillo e Di Maio. Qual è il lavoro? Metter su una forza che pesi dall’8 al 10 per cento, che a quel punto è talmente forte da essere indispensabile”.

Un altro tema è proprio la percentuale che Calenda intende raggiungere, e quali sarebbero le strade percorribili in caso di elezioni anticipate. “Col 7 per cento parteciperemo senz’altro alle elezioni. Dipende anche da com’è fatta la legge elettorale: se sarà una legge proporzionale ognuno dovrà andare per conto suo, e io sono contrario; se sarà maggioritaria l’obbiettivo è di costruire un’alleanza, e anzi dev’essere Azione a farsene promotrice”.

Sono molti i siciliani e gli italiani che si pongono una domanda: Calenda è di destra o di sinistra? “’Azione’ ha un nome che si ispira a qualcosa che è stato: il liberalismo sociale, il Partito d’azione. Si ispira a quell’area di centrosinistra attenta ai diritti civili e democratici, alle libertà, ma che dice: ‘Attenzione: non possiamo pensare che in questi momenti storici faccia tutto il mercato’. Penso che la radice di Azione sia chiaramente di centrosinistra ma guardi anche al popolarismo: ad alcune persone del Partito popolare europeo mi sento molto vicino, così come però mi sento lontano dai socialdemocratici di Jeremy Corbyn. Dipende da dove si vuole porre il confine”.

L’ennesima scissione all’interno del centrosinistra potrebbe aver favorito la destra, che ha dimostrato che uniti si vince; una destra che oggi sembra quasi invincibile. “Io ho vissuto anche il periodo in cui Renzi sembrava invincibile. Sapete cosa vince sempre? Il fatto che la realtà è così complessa che il modo di intendere la politica come un insieme di slogan è molto più complicato di così. Renzi si è perso appena ha cominciato a spiegare al mondo che lui ce la faceva, ma forse va venduta un po’ di ‘solida realtà’. Penso che l’Italia sia un grande pendolo: sceglie prima Berlusconi, poi Monti, poi la comunicazione di Renzi. Va trovato un punto di equilibrio, un linguaggio che cerca di semplificare le cose ma non le nasconde e dice: ‘Guardate, i decreti Sicurezza o Dignità non li condivido, ma ci sono delle cose che vanno mantenute’. Un linguaggio capace di non dire che l’avversario è fascista per definizione. Altrimenti noi del centrosinistra, ma anche i popolari, dato che Berlusconi è ridotto a ruota di scorta di Salvini e Meloni, non rivedremo mai più il governo”.

Si arriva al ‘nodo’ del ponte sullo Stretto: farlo o non farlo? “Il giorno che in Sicilia avremo messo a posto i viadotti crollati, le strade e le ferrovie a scartamento ridotto, mettiamo a posto anche il ponte di Brooklyn. Ma oggi, al Sud, lo Stato deve assicurare sanità, sicurezza, e scuola. E non lo sta facendo”.

Calenda risponde anche sul punto della situazione dei terremotati: “Quel terremoto è stato diffuso, in aree impervie e con grandissime risorse culturali: solo il rifacimento delle chiese è un lavoro lunghissimo e complicato”.

Sulla lotta all’evasione fiscale invece commenta: “Va collegata all’abbassamento delle tasse. Questo è l’unico mezzo se si vuole essere seri. Dei 100 miliardi di evasione nel Paese, 50 possono essere recuperabili: vuol dire risolvere ogni problema dell’Italia, e quello va fatto. Ma c’è un grande ‘non detto’: a parte le misure su pos, carta di credito e contante, oggi si hanno tutte le informazioni per beccare chi evade. Tutto si basa su una decisione puramente politica, ma nessuno agisce perché gli evasori sono talmente tanti che costituiscono una grossa base”.

Azione approda in Sicilia in un momento in cui il voto nell’Isola è distribuito fra il Movimento cinque stelle e il centrodestra, che trova la sua massima rappresentazione nel governatore Musumeci; il tutto dopo circa otto anni di centrosinistra. Cosa andrebbe detto ai siciliani per convincerli ad abbandonare il voto di protesta e quello tradizionale? “Votate persone a cui affidereste i vostri soldi e la vostra attività economica. Invece noi di nostro non affideremmo nulla a Di Maio, Salvini o Meloni, perché non hanno mai lavorato in vita loro e non sono preparati. Però li votiamo, perché ci hanno fatto pensare che la politica è una forma di tifo calcistico. La Sicilia ha tutti i mezzi per aiutarsi da sola, da fuori non arriverà una lira, manca l’offerta: proviamo a offrire ai siciliani dei buoni amministratori locali, e vediamo”.

L’intervista a tutto campo si chiude con la riforma della giustizia, in vigore tra meno di un mese e oggetto di proteste diffuse fra gli ‘addetti ai lavori’. Un tema strettamente connesso al rapporto fra giustizia e politica. “Io sono molto contrario alla riforma della prescrizione, che fa anche da stimolo per i magistrati. Spiegheremo perché siamo contrari con un evento a cui parteciperà anche Raffaele Cantone, che sosterrà un’altra tesi. Sul rapporto con la politica: l’unico parametro per valutare il lavoro della magistratura è la condanna, ma invece abbiamo visto tante inchieste giudiziarie chiuse con un nulla di fatto. La valutazione oggettiva sulla magistratura nei confronti della politica è negativa, però ritengo comunque che chi fa politica dev’essere trasparente in quanto a finanziamenti ricevuti e scopi dei finanziatori”.

VIDEO – Carlo Calenda risponde ai lettori di LiveSicilia

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