CATANIA – Episodi inquietanti accadono nel carcere di Caltagirone. In poco meno di un anno Giuseppe Calcagno è stato strangolato dal suo compagno di cella, Angelo Minnì è caduto dal letto e ha passato un mese in coma prima di morire, e la morte di Paolo Costarelli è stata scoperta dopo 48 ore dal suo strangolamento da parte, anche questa volta, del suo compagno di cella. Le storie di tre celle troppo chiuse, tre casi che hanno in comune il fatto di svolgersi nello stesso luogo.
Le lunghe indagini
Il primo morto tra le sbarre a Caltagirone è stato Giuseppe Calcagno, che stava scontando una pena per una vecchia tentata estorsione. Il 31 gennaio il Calcagno esce senza vita dal carcere e la sua morte viene attribuita a cause naturali, ma quasi dieci mesi dopo, il 9 novembre, arriva la notizia della conclusione dell’indagine aperta dai Carabinieri di Caltagirone.
Secondo gli accertamenti legali condotti dalla Procura di Caltagirone, Calcagno sarebbe stato strangolato nel sonno da Giuseppe Taccetta, 59 anni di Grammichele. Non è chiaro il movente del delitto, attribuito dalla stessa Procura a futili motivi causati dalla convivenza in cella tra Calcagno e Taccetta. Il presunto omicida, che al momento dell’arresto era stato spostato agli arresti domiciliari e che ora è tornato in carcere, era stato già indagato anni fa per un tentato omicidio avvenuto a Grammichele.
La caduta
La notte del 16 ottobre scorso Angelo Minnì, 63 anni, muore all’ospedale Cannizzaro di Catania, dove ha trascorso un mese in stato di coma. È l’epilogo di una storia iniziata con una caduta: Minnì era detenuto al carcere di Caltagirone, e nel settembre di quest’anno sarebbe caduto dal letto a castello nella sua cella, battendo la testa.
A causa della caduta, Minnì è stato prima spostato all’ospedale di Caltagirone e poi al Cannizzaro, dove ha subito un intervento alla testa che ha provato ad arginare l’emorragia cerebrale. Da quell’intervento non si è risvegliato più.
Sull’onda di quello che era successo a Calcagno, la cui morte in un primo momento era stata attribuita a cause naturali, la famiglia di Minnì fa un esposto alla Procura di Caltagirone, che apre un fascicolo. La stessa famiglia sostiene, secondo delle dichiarazioni rilasciate alla stampa, di essere stata informata con ritardo della caduta del proprio familiare. Per il momento le indagini sono in corso: sul corpo di Minnì non è stata effettuata l’autopsia.
Un altro strangolamento
Tra il momento della morte di Paolo Costarelli e quello della sua scoperta sono passate 48 ore, in cui il corpo della vittima è rimasto sotto le lenzuola, al riparo da sguardi indiscreti. A ucciderlo con dei lacci intorno al collo e a nasconderlo è stato il compagno di cella Salvatore Moio, 44 anni, che si auto-proclama ‘ndranghetista e che è in carcere per scontare una condanna a venti anni per avere assassinato il suocero.
È il terzo caso per morte in carcere su cui indaga la piccola procura di Caltagirone in meno di un anno, ed è proprio durante l’interrogatorio di garanzia che emergono i particolari. Durante una lite, l’ennesima, con Costarelli, Moio si sente aggredito e diventa a sua volta violento, buttando sul letto il compagno di stanza e strangolandolo con dei lacci che poi getta via dalla finestra. A quel punto nasconde il corpo con il lenzuolo e per due giorni interi vive come se niente fosse, mangiando e dormendo con un cadavere nella sua stessa cella. Solo due giorni dopo i fatti le guardie carcerarie si accorgono di quello che è successo.