PALERMO – Massimo Campione è stato sentito dai magistrati di Palermo. L’imprenditore, beccato con la lista delle tangenti nella borsa, si è presentato in Procura per ribadire le accuse. O meglio, per smentire il contenuto di un’intercettazione pirata. Alcuni giorni fa, esploso il caso delle presunte mazzette pagate a due dirigenti della Forestale, Salvatore Marranca e Giuseppe Quattrocchi, e al presidente di Rfi, Dario Lo Bosco, l’imprenditore sarebbe stato avvicinato da una persona vicina allo stesso Lo Bosco.
A lui Campione avrebbe detto che le accuse rivolte al numero uno di Rete ferroviaria italiana erano tutte una farsa. Peggio, sarebbero il frutto di pressioni familiari. Spendere il nome di Lo Bosco gli avrebbe consentito di alleggerire la sua posizione. Ecco perché, diceva, era pronto a rettificare tutto.
Ed invece stamani è tornato in Procura, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Nino Caleca, per incontrare l’aggiunto Dino Petralia e il sostituto Claudio Camilleri per dire che la sua è stata una farsa nella farsa. Ha detto quelle parole solo per allontanare e tranquillizzare il giovane che era andato ad incontrarlo. Le sue accuse sono vere. Come vere sono le tangenti pagate ai dirigenti della Forestale e a Lo Bosco.
Il giallo merita un approfondimento da parte dei poliziotti della sezione Anticorruzione della Squadra mobile di Palermo. Gli stessi che sono certi del lavoro fin qui svolto e che ha portato ai domiciliari Lo Bosco. Il presidente di Rfi , nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha negato di avere preso soldi da Massimo Campione e di conoscere i due dirigenti della Forestale arrestati nella stessa indagine ai quali Campione dice di avere consegnato i soldi destinati all’ex presidente di Rfi. Al termine dell’interrogatorio l’avvocato Bartolomeo Romano ha chiesto la revoca dei domiciliari.