PALERMO – Prima l’arresto di Matteo Messina Denaro e del suo autista, Giovanni Luppino. Poi quello di Andrea Bonafade, l’uomo della falsa identità, dell’acquisto del covo e della macchina intestata all’anziana madre. Ieri in carcere sono finiti il medico Alfonso Tumbarello e un altro Andrea Bonafede.
Si ha la netta sensazione, però, che siano solo i primi step di un percorso investigativo in divenire. Sono cadute solo le prime pedine della rete di fedelissimi del latitante, ma il materiale da analizzare è enorme. Le carte d’identità trovate dai carabinieri del Ros nel covo sono la chiave per scoprire i mondi paralleli in cui Messina Denaro ha vissuto.
Il latitante viaggiava, accumulava soldi, gestiva affari in Italia e all’estero. Quando si è ammalato di cancro ha scelto di stabilirsi nel paese trapanese, approfittando di quello che il procuratore Maurizio de Lucia e l’aggiunto Paolo Guido definiscono “assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello di Mazara”.
Basta rileggere le parole dei pm riportate nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Bonafede e Luppino per comprendere che l’onda lunga delle indagini potrebbe travolgere presto altre persone. Si sta ricostruendo la catena di protezione e di affari che hanno consentito allo stragista corleonese di mantenere soldi e potere.
“Tutte le indagini ancora in pienissimo e frenetico svolgimento sulla ricostruzione delle fasi che hanno preceduto la cattura di Messina Denaro (e che lentamente si vanno delineando) hanno innanzitutto offerto uno spaccato dell’assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello di Mazara che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura, o addirittura complicità – spiegano i pm – ha consentito impunemente al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo (e per la cui cattura lo Stato ha impegnato sino allo stremo, dirottandole da altre priorità, le migliori intelligenze investigative del Paese, nonché mezzi e tecnologie dai costi elevatissimi) di affrontare almeno negli ultimi due anni cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà, godendo della disponibilità di somme di denaro, macchine, appartamenti, addirittura relazioni sentimentali”.
“I primi accertamenti svolti con tempestività dalla polizia giudiziaria hanno svelato un inquietante reticolo di connivenze e complicità in diversi luoghi e in svariati ambiti professionali (a cominciare da quello medico – sanitario) – aggiungono -. Reticolo sul quale sarà necessario proseguire le investigazioni che doverosamente dovranno condurre a individuare e perseguire, se sussistenti, tutte le condotte integranti possibili profili di responsabilità penale”.
Le indagini vanno avanti. È accaduto per tutti i grandi latitanti di Cosa Nostra. Per ultimi Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Il loro arresto ne ha fatto scaturire tanti altri. Con Messina Denaro potrebbe non andare diversamente.