PALERMO – Nello sblocca-Italia c’è anche un bel po’ di sblocca-Sicilia. Nel calderone che il governo si prepara a varare oggi in consiglio dei ministri, infatti, ci sono una serie di misure che puntano a sbloccare cantieri in giro per l’Italia per dare slancio all’agognata ripresa che oggi resta una chimera. Cantieri e fondi per la verità non tutti nuovi, come ha messo in evidenza Il Sole 24 Ore, che ha definito, un po’ impietosamente, la misura “un corpaccione… senza un euro aggiuntivo rispetto a poche, vecchie risorse riprogrammate”. Tra queste, una gran fetta è composta dal miliardo e 600 milioni relativi a interventi nel settore ambientale della depurazione delle acque reflue urbane. E di questi, ben un miliardo e cento milioni finanziano interventi in Sicilia. Si tratta in realtà di vecchie somme, stanziate da una delibera Cipe dell’aprile 2012. Somme sulle quali la spesa in Sicilia è rimasta un (bel) po’ indietro.
Il maxistanziamento per la depurazione venne deciso dal Cipe in seguito alla procedura di infrazione aperta a carico dell’Italia dall’Unione europea per il mancato rispetto dei limiti comunitari sul trattamento delle acque urbane. La Sicilia fece la parte del leone: furono finanziati 96 interventi nel settore idrico, dal costo di un miliardo e 161 milioni di euro (su un totale di stanziamento per l’intero Mezzogiorno di 1,6 miliardi): 1 miliardo e 95 milioni li stanziava la delibera Cipe, 65 milioni erano già disponibili. Si attingeva in buona parte a risorse ancora disponibili dei Par 2007-2013 e da una riprogrammazione del Fsc 2000-2006. A seguito della delibera Cipe la Regione firmò un accordo di programma quadro con i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo e coesione, e delle Infrastrutture.
La Sicilia su queste opere non sarebbe stata esattamente un fulmine di guerra. “Su 96 opere programmate per 1.096 miliardi appena 5 opere al preliminare e zero fondi impegnati”, scriveva qualche giorno fa Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera citando la relazione alla Camera della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, struttura voluta da Renzi per accorpare il tema delle acque. “No, evidentemente quelli sono dati vecchi – commenta il dirigente generale Marco Lupo –. Almeno la metà dei progetti sono stati approvati dal ministero dell’Ambiente, alcuni lavori sono in corso da tempo, diverse gare, come ad Aci Castello, sono state già aggiudicate”.
Insomma, per Lupo qualcosa si è mosso. Ma non tutti stanno tranquilli come lui. Quest’estate la deputata regionale del Pd Mariella Maggio ha presentato un’interrogazione all’assessore regionale all’Energia, scrivendo che “non si conosce ancora lo stato di attuazione degli interventi già previsti” nella delibera Cipe del 2012 “sia per quelli cantierabili che per quelli che necessitavano di ulteriore progettazione”. E l’anno scorso l’Ance, nel suo tragicamente ricco dossier sulle incompiute siciliane inserì diverse delle opere su depuratori e sistemi fognari inserite nella delibera Cipe.
“I progetti sono tanti e hanno storie diverse – commenta Lupo –. Ce ne sono tre molto grandi, ad Acireale, Catania, Misterbianco (anche se quest’ultimo interessa una pluralità di comuni). Catania e Misterbianco hanno presentato il progetto al ministero dell’Ambiente, Acireale invece è indietro”.
Le opere finanziate dalla delibera Cipe di due anni fa riguardavano tutta la Sicilia. Tra le altre, c’erano il completamento della rete fognaria a Porto Empedocle, il completamento della fognatura nella zona nord di Agrigento, una serie di interventi sul depuratore di Sciacca, la realizzazione di un impianto di depurazione ad Acireale (133 milioni), il completamento del depuratore consortile di Misterbianco (più di 200 milioni), il completamento del collettore sud orientale a Palermo, il completamento della rete fognaria di Marsala, la realizzazione della fognatura nella zona compresa tra via Castellana e Passo di Rigano a Palermo, l’adeguamento dell’impianto di depurazione a Terrasini e Trappeto.
Qualcosa come detto ha fatto dei passi avanti. Ma in una lettera al presidente del Consiglio, il capo della nuova Struttura nazionale De Angelis ha evidenziato i ritardi di tre regioni meridionali: “Sicilia, Calabria e Campania hanno in comune l’impressionante incapacità di spesa e l’inefficienza della Pubblica amministrazione a partire dai livelli regionali”.
Roma adesso prova a pigiare sull’acceleratore, “dando una mano” alle regioni per accelerare al massimo l’apertura dei cantieri. Si tratta di una sorta di commissariamento dolce per spingere sull’acceleratore, sburocratizzare e sbloccare i cantieri. “Lo sblocca-Italia prevederà misure per sburocratizzare e semplificare le procedure. Questa modalità ci consente di sbloccare tutto già nel 2015”, commenta Davide Faraone, componente della segreteria nazionale del Pd.
“È importantissimo essere riusciti ad inserire in sblocca Italia queste opere – aggiunge Faraone, riferimento siciliano di Matteo Renzi –. 1,1 miliardi di euro sono un investimento enorme, che porterà lavoro in Sicilia e che doterà l’isola di importanti infrastrutture in ambito idrico e della depurazione. Depurazione vuol dire anche ambiente più sano. Renzi aveva assunto l’impegno in occasione della visita a Gela e Termini e questo impegno viene mantenuto”.