CATANIA – I distributori di benzina sono diventati la prima linea delle tensioni degli ultimi giorni, una tempesta fatta di prezzi che crescono all’impazzata, minacce di sciopero da parte degli autotrasportatori e panico che ha spinto migliaia di automobilisti a prendere d’assalto le pompe di benzina. Se però il governo nazionale cerca di fare tornare la calma, bocciando lo sciopero annunciato per domani dagli autotrasportatori, i problemi che si sono manifestati negli ultimi giorni sono destinati a rimanere. Il punto di vista di Ivan Calabrese, presidente della Figisc Confcommercio, sindacato che raggruppa i distributori di benzina.
Cosa aspettarsi
Dopo lo stop allo sciopero da parte del governo l’allarme sembrerebbe essere rientrato, ma le cose non sono del tutto calme: “Se gli autotrasportatori decideranno di fare comunque un blocco – dice Calabrese – dobbiamo aspettarci altri disagi, dato che molti distributori sono già chiusi a causa della mancanza di carburante”. I distributori del catanese hanno già ordinato dei nuovi carichi di carburante, ma per Calabrese questo non è di per sé garanzia che si tornerà a un’erogazione normale: “Dipende dai trasportatori, qualcuno potrebbe decidere di fermarsi o di bloccare le raffinerie, e a quel punto noi saremmo comunque a secco”.
L’assalto alle pompe di venerdì e sabato per Calabrese ha ottenuto l’effetto contrario a quello che si voleva con la protesta dei trasportatori: “La gente non ha capito che andando a fare il pieno ha contribuito ad alzare i prezzi, dato che ora noi siamo a secco e dobbiamo fare altri ordini. Il risultato è che invece di essere solidali con i trasportatori si rischia di mettersi tutti contro tutti”.
La crescita dei prezzi influisce, a catena, su tutte le merci, dato che come lo stesso Calabrese conferma il pieno per un autotreno costa in media mille euro in più. Ma i distributori sono quelli che, senza averne responsabilità, sono costretti a interagire direttamente con il pubblico: “Noi abbiamo l’infausto compito di presentare il conto ai clienti – dice Calabrese – gli altri speculano e vedono crescere i propri margini, mentre noi ci prendiamo gli insulti e ci sentiamo dare dei ladri. Siamo, di fatto, esattori per conto dello Stato, e non ci viene riconosciuto questo ruolo”.
La crisi della distribuzione
Questo è solo l’ultimo atto di una crisi che affligge il settore da tempo: “Il nostro guadagno è calcolato sull’erogato, non sul fatturato – spiega Calabrese – e siamo di fronte a costi di gestione quadruplicati nel giro di pochissimo tempo. Per comprare carburante siamo costretti a chiedere prestiti, ma le banche ci vedono come soggetti a rischio ed è difficile accedere al credito”.
Il risultato è che chi non ha risorse proprie fallisce, e chi le ha è costretto comunque a fare dei tagli: “Chi riesce a comprare il carburante in questo momento può rimanere a galla, ma deve comunque licenziare degli operatori”.
Quello dei distributori di carburante è un settore in cui il 98,5 per cento dell’incasso non viene trattenuto. In altre parole, della mazzetta di banconote che i distributori tirano fuori dalla tasca ogni volta che andiamo a fare il pieno, su 100 euro più di 60 vanno a finire in accise, e più del 30 vanno alle compagnie petrolifere, per costi industriali e altre voci. Al distributore rimangono 1 euro e 50 centesimi lordi, su cui si deve pagare le tasse: “Paghiamo l’Iva anche sulla frazione con accise – precisa Calabrese – in altre parole paghiamo una tassa sulla tassa”.
La protesta
Una situazione di fronte a cui i sindacati dei distributori hanno chiesto al governo nazionale di intervenire sulle accise mobili: “Potrebbero fare scendere il prezzo anche di 20 centesimi al litro”, dice Calabrese. Proprio per richiamare l’attenzione sui problemi del settore, domani sera i distributori metteranno in atto una protesta dopo l’orario di chiusura serale accenderanno i self service ma spegneranno del tutto le luci delle stazioni.