PALERMO – “L’arresto di Filippo Bisconti e Salvatore Sciarabba ha tolto il tappo”, racconta chi è bene informato sulle dinamiche mafiose di Belmonte Mezzagno. Qualcuno, nel paese in provincia di Palermo, ha deciso di dettare le regole a colpi di fucile e pistola. L’ultimo episodio è avvenuto lunedì pomeriggio, quando due killer hanno sparato contro Giuseppe Benigno.
L’8 maggio scorso furono usate due armi per uccidere Antonio Di Liberto. Sei colpi esplosi frontalmente con una pistola calibro 7.65 mandarono in frantumi il parabrezza della Bmw e uno raggiunse il commercialista alla testa. Quindi un killer imbracciò il fucile, si avvicinò alla macchina e mirò al fianco e al collo. Nessun testimone in via Umbria, una strada senza uscita con una sola via di fuga. Di Liberto, fratello dell’ex sindaco Pietro, commercialista incensurato, era cugino di secondo grado di Bisconti (la nonna materna è sorella del papà del boss Bisconti).
Lo scorso gennaio toccò a Vincenzo Greco, raggiunto mentre era a bordo di un Mitshubishi Pajero che percorreva Portella Paglia. I killer lo affrontarono frontalmente. Con una mira da cecchino lo colpirono al volto con una pistola calibro 9X21. Forse cercò si scappare a piedi, visto che lo sportello lato passeggero era aperto. Un tentativo stoppato con altri colpi sparati dal finestrino lato guida. Infine, il killer si spostò dal lato del passeggero per colpire Greco alla testa.
In entrambi gli agguati sono entrati in azione dei killer professionisti. Hanno scelto due strade isolate e soprattutto non hanno fallito. Nettamente diverso è il caso di Benigno. Modalità, luogo ed esito fanno ipotizzare una certa improvvisazione da parte dei killer. Via Kennedy è una strada in pieno centro abitato e parecchi trafficata. Sono stati sparati nove colpi di pistola, due hanno raggiunto Benigno all’altezza della scapola, ma l’uomo è stato in grado di proseguire la corsa al volante della sua Bmw Serie 3 fino all’ospedale Civico di Palermo. Ai carabinieri ha raccontato di essere stato affiancato da due uomini in scooter, ma indossavano il casco. Dunque non li ha visti in faccia e non ha idea di chi potesse volerlo morto.
Bisconti negli anni si è distinto per la sua leadership morbida. Orache è pentito si è attribuito il ruolo di paciere in un tormentato mandamento mafioso qual è da sempre Belmonte Mezzagno: “Ho cercato di rendere il clima più sereno fra i Casella e gli antagonisti Spera-Tumminia, ho cercato di calmare gli animi…”. Nel presente, però, ci sono cognomi diversi in campo, alcuni già noti agli investigatori per via dei loro precedenti penali.
Chi è davvero Giuseppe Benigno, 45 anni, di professione imprenditore edile? Innanzitutto è incensurato, ma in famiglia ci sono dei precedenti pesanti per mafia. È nipote di Giovanni Spera, mafioso ai tempi in cui il mandamento era guidato dal corleonese Benedetto Spera. È nipote di Luigi Spera, già condannato per mafia, e di Salvatore La Rosa, pregiudicato per rapina e porto abusivo di arma da fuoco, assassinato nel 1992 insieme a Giovanni Salvatore Spera, fratello di Benedetto, in Piazza Garibaldi. Giuseppe Benigno è pure nipote di Salvatore Benigno, emigrato da anni nel Nord Italia, dopo che i figli sono scampati a due agguati. Parentele mafiose dirette per Benigno, ma anche indirette visto che è genero di Antonino Martorana, assassinato nel 2000 così come il fratello Antonino.
Giuseppe Benigno è incensurato, ma il suo nome è finito nelle informative e nelle intercettazioni dei carabinieri del Nucleo investigativo. Non c’è solo la sua presenza al summit di Catania quando nel 2016 accompagnò Bisconti con la sua Fiat Bravo, ma al quale non partecipò restando defilato. Sempre nel 2016 è stato spesso visto in compagnia del cugino Giovanni Salvatore Migliore, arrestato nei mesi scorsi nel blitz contro la nuova Cupola di Cosa Nostra, e con cui condivideva alcuni interessi economici nel settore vitivinicolo.