CATANIA – Un pozzo privato ha già sospeso l’operatività, mentre un altro lo farà a partire dal 30 aprile. E nel frattempo la bolletta della Sidra, la società che gestisce il servizio idrico a Catania (in attesa della definitiva istituzione della Sidrag), è passata da 400mila euro a un milione e 200mila euro. Al mese. Letteralmente triplicata. L’acqua è all’improvviso diventata salata: sono gli effetti del caro energia. Nel capoluogo etneo e in tutta la Sicilia. Stamattina il presidente della partecipata catanese Fabio Fatuzzo ha convocato i suoi omologhi nella sala consiliare di Palazzo degli elefanti. Quella che doveva essere una conferenza stampa si è trasformata in un convegno pieno di relatori che chiedono tutti la stessa cosa: una mano tesa dal governo nazionale.
Aumento bollette dell’acqua
L’obiettivo dichiarato da tutti è tentare di non aumentare le bollette dei cittadini. Una sfida praticamente impossibile, con questi numeri. “Per i cittadini, già provati da due anni di pandemia, oltre al danno si aggiungerebbe la beffa”, dice in introduzione il sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi, padrone di casa che ospita una conversazione che si allontana di parecchio dai confini del municipio. “Non è un aumento dei prezzi – precisa Fatuzzo – è una vera e propria esplosione. L’Arera, l’autorità che si occupa di regolamentare l’energia, ha permesso che per noi i prezzi si elevassero in maniera spropositata. Dobbiamo affrontare questi costi da soli, ma non sono assolutamente sopportabili”.
Il “noi” di cui parla Fatuzzo sono le società che gestiscono i servizi idrici. Gli acquedotti, le partecipate dei Comuni, che si occupano di distribuire l’acqua ai cittadini. “Sidra si serve anche di pozzi privati. Uno ha interrotto la fornitura, un altro lo farà a breve. Se altri dovessero seguire, perché non possono più permettersi di pagare l’energia elettrica, a Catania e non solo saremmo pieni di problemi“.
Il decreto Energia
Nel decreto Energia dell’inizio di marzo, il governo nazionale ha stabilito aiuti per le imprese energivore. “Tra queste, però, non sono inclusi gli acquedotti”. Che usano l’energia elettrica per sollevare l’acqua dai pozzi e distribuirla in giro per l’Isola. “Abbiamo bisogno di credito di imposta sul costo della bolletta e della sospensione delle accise, il governo nazionale deve farsi carico dei nostri bisogni perché noi non possiamo permetterci di scaricarli sui cittadini per il fatto di non essere inclusi tra le industrie estrattive”.
Il tema è e resta la bolletta. Daniela Baglieri, assessora all’Energia, interviene e prova a rispondere. Ma i progetti sono sempre di lungo periodo: “Già a dicembre abbiamo approvato in giunta, con il presidente Musumeci, il Piano energetico regionale“. Un documento in cui si parla di energie rinnovabili e gas naturali. Un impegno che sull’Isola si potrà mantenere non certo nell’immediato. E che quindi non risolve il problema dei rincari. “Stiamo lavorando anche insieme alla Regione Sardegna, perché noi come loro non siamo stabilmente collegati con la rete elettrica nazionale – prosegue Baglieri – Se lavoriamo in tandem le nostre istanze saranno più forti. Ci risulta che gli acquedotti dovrebbero essere integrati già a breve in un’estensione del decreto legge di marzo, ma sappiamo che si tratta di interventi tampone. Noi abbiamo provato a fare dei conti, ma il rischio default è concreto”.
Prestiti dall’Irfis?
Le partecipate lo eviterebbero solo se, in caso di aumento delle tariffe, i cittadini riuscissero a pagare le bollette. Difficile da garantire in un momento come questo. “La nostra idea è di provare a spalmare questo aumento“, spiega Salvatore Messina, amministratore unico della Sogip, l’azienda acqua e gas di Acireale. “Stiamo tentando di capire se è possibile attivarci con l’Irfis per avere un finanziamento ponte, che ci aiuti a coprire i rincari e, nel frattempo, efficientare la produzione”. In altre parole, fare un prestito e sperare di restituirlo col tempo.
Uno dei tentativi per rendere le reti più efficienti è l’installazione di pannelli solari nelle aree di sedime dei pozzi pubblici, da farsi con fondi pubblici di provenienza europea. E poi c’è sempre in Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Noi finora abbiamo ridotto le perdite di rete del 37 per cento”, aggiunge Messina. E il presidente del Consiglio comunale di Catania Giuseppe Castiglione interviene: “La rete della nostra città stima perdite del 40 per cento di acqua. Ci sono i finanziamenti del Pnrr per contrastare il normale decadimento delle reti”.
Il senso del discorso di tutti è questo: le contromisure in campo ci sono. Ma per il momento, senza che sia lo Stato a mettere mano al portafogli, lo scenario futuro peggiore è di lasciare all’asciutto non solo le casse delle partecipate, ma anche i cittadini.