Catania, Musumeci con Razza: "Il centrodestra rischia di farsi male"

Catania, Musumeci con Razza: “Il centrodestra rischia di farsi male”

Parla il ministro ed ex governatore. Elezioni, Schifani, e Miccichè...
L'INTERVISTA
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Presidente Nello Musumeci, come si trova a Roma, nella veste di ministro?
“Benissimo, ho l’entusiasmo di chi deve costruire una esperienza nuovissima. E’ un impegno difficile ma esaltante”.

Nello Musumeci, già governatore della Sicilia, approdato al Ministero della Protezione civile e del Mare, parla con LiveSicilia.it. Gli snodi? Le elezioni amministrative, il centrodestra, il sindaco di Catania. Poteva mancare una battuta su Miccichè?

L’ultima notizia riguarda la condanna di Enzo Bianco. Non potrà candidarsi a Catania. Come commenta?
“Mi dispiace, lo dico da leale avversario quale credo di essere sempre stato. Con Bianco abbiamo condiviso la ‘primavera di Catania’, lui al Comune io alla Provincia, dando vita a una sana competizione per il bene del territorio, con innegabili benefici. La sua esperienza di sindaco è stata utile, insieme abbiamo dato vita a una stagione inedita. Catania registrava centotrenta morti ammazzati l’anno, alle otto di sera c’era il coprifuoco, le strade della provincia erano impercorribili. In tre-quattro anni c’è stata la svolta”.

E tra un po’, a Catania, si vota…
“Premesso che guardo alle amministrative con la sobrietà che un ministro deve mantenere, come ho fatto nei miei precedenti ruoli…”.

Premesso, dunque?
“Ciò detto, credo che Catania continui a custodire il suo codice genetico di città moderata, che non è mai stata di sinistra. La vittoria di Bianco fu resa possibile proprio dalla sua capacità di intercettare una larga fascia di elettorato moderato. Ancora oggi il centrosinistra è alla ricerca di una sua chiara fisionomia che non ha trovato, anche perché polverizzato in mille anime, l’una contro l’altra armata. L’uscita di scena di Bianco non credo che agevoli una ricomposizione di quell’area politica”.

Beh, ma anche il centrodestra…
“Il centrodestra ha la grande capacità di sapere farsi del male da solo. Questo è un dato che nessuno può disconoscere. Da tempo avrebbe dovuto individuare per Catania un candidato sindaco credibile, riconoscibile e competente. Invece, si continua a balbettare in una sorta di toto-candidatura che ha superato, a mio avviso, ogni limite di tolleranza, proprio sul piano temporale”.

Troppe infiltrazioni romane?
“Al contrario, c’è troppo frazionismo catanese. Se a Roma fosse arrivata una proposta unitaria dalla classe dirigente etnea, la scelta sarebbe stata molto più facilitata”.

Quale sarebbe il suo profilo ideale?
“Catania è la mia città di adozione e mi ha dato, negli anni, tantissime soddisfazioni. Chi le vuole bene non deve solo guardare egoisticamente alla possibilità di una facile vittoria, ma alla certezza di una efficiente gestione. Mi spingo oltre: non è tanto difficile vincere, quanto governare una città complessa e articolata come la mia. Altrimenti…”.

Altrimenti?
“Rischiamo di far fare al centrodestra la stessa fine del famoso sessantuno a zero. Tutti ricordiamo quel diffuso consenso, ma nessuno ricorda perché alle elezioni successive abbiamo perso quasi tutti i collegi. Quando si pensa soltanto a vincere, il fuoco di paglia è sempre in agguato”.

Un candidato su tutti?
“Parlo di Fratelli d’Italia, leggo diversi nomi e sono tutti nomi di amici e persone perbene. Sarei ipocrita se non dicessi che l’avvocato Ruggero Razza, cresciuto accanto a me politicamente, si presenta sufficientemente attrezzato per la competenza amministrativa e di governo che ha maturato, prima da vicepresidente della Provincia di Catania, poi da titolare del più importante assessorato del governo regionale. Naturalmente, prenderò atto della scelta che vorrà fare Roma e lavorerò, con grande umiltà, affinché vinca il candidato unitario della coalizione e si affermi la lista di FdI”.

Non c’è stato il Musumeci-bis a Palazzo d’Orleans. Il modo ancor l’offende?
“Non mi sono mai sentito offeso. Di fronte a certi vergognosi attacchi e veti bisogna soltanto trovare la forza di non reagire, per rispetto verso la istituzione che si rappresenta. Il tempo, del resto, è stato galantuomo: si è capito che ‘il divisivo’ non ero io…”.

E quindi appare il volto del suo arcinemico, quel Gianfranco Miccichè che ha fatto di tutto per sbarrarle il passo. Cosa dice delle sue ultime vicende?
“Ho altro a cui pensare. E comunque in politica non ci sono nemici, ma avversari e alleati. Questi ultimi, talvolta, possono rivelarsi peggiori degli avversari. Provo solo amarezza ma niente rancore verso alcuno”.

Come valuta i primi passi del governo Schifani?
“Sono la persona meno adatta a stilare pagelle e non avrò certo il cattivo gusto di proporle verso chi ha preso il mio posto. Certo, provo soddisfazione quando leggo adesso notizie di inaugurazioni di opere avviate e finanziate dal mio governo. È giusto così, bisogna guardare avanti, con la continuità politica. Auguro al presidente Schifani di fare meglio e più di quanto abbia potuto fare io, nell’interesse dei siciliani”.

Un capitolo spinoso è quello dei vari assessorati al Turismo. Qualcuno l’ha chiamata, politicamente, in causa, più o meno direttamente. Ha qualcosa da rimproverarsi?
“Sul Turismo ho già detto e continuo a ricordare, politicamente, che gli obiettivi li fissa il governo, ma li realizza la burocrazia. Sono orgoglioso di avere fissato, tra i miei obiettivi, quello di promuovere la Sicilia in Italia e all’estero e di incentivarne l’attrattività turistica. I numeri di crescita arrivi di questi ultimi anni non hanno bisogno di ulteriori commenti”.

Cosa ne pensa dei cosiddetti precari Covid e delle loro traversie?
“In Sicilia, come in tutta Italia, i cosiddetti precari della pandemia sono stati reclutati, seppure attraverso procedure selettive, in un momento di grande criticità, per l’impreparazione del Sistema sanitario di fronte al dilagare di una calamità mai conosciuta prima. Sono donne e uomini che hanno dato il meglio, in termini di dedizione, passione e competenza. Se il sistema sanitario ha ancora bisogno di questa risorsa umana, si ha il dovere di trovare una soluzione per non disperderla”.

Non le saranno sfuggite le dichiarazioni sull’attentato di via Rasella del presidente del Senato, e suo conterraneo, Ignazio La Russa. Che impressione le hanno fatto?
“Credo che il presidente La Russa sia diventato per certa opposizione un comodo alibi. Viene contestato anche se dice ‘che bella giornata’. Ma non mi lascio trascinare in sterili polemiche, alimentate da chi ha perso le elezioni e non trova argomenti seri per recuperare l’ampio fossato che c’è con la coalizione di centrodestra”.

Intanto, l’assessore alla Legalità di Pachino, eletto con ‘Diventerà Bellissima, viene arrestato con l’accusa di avere intascato una mazzetta.
“Sono garantista per natura, non conosco la singola vicenda. Se ne occupa la magistratura. Ma, da sempre, al di là del caso specifico, ritengo che chi ricopre un ruolo pubblico debba porsi sempre al di sopra di ogni sospetto”.

Tra poco più di un mese saranno dieci anni che il suo amato figlio Peppe non è più tra di noi. Come si avvicina all’anniversario?
“Non è solo il sei maggio, come può comprendere, che mi fa male. Da dieci anni vivo con una ferita che sanguina. Tornando, la prima volta, dal cimitero, non vi ho lasciato soltanto il corpo di mio figlio, ma anche un pezzo di me stesso. Succede a ogni genitore in queste indicibili condizioni”. (rp)


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