Onorevole Razza, cosa ne pensa dei problemi del centrodestra, in Sicilia, sottolineati dai franchi tiratori all’Ars?
“Guardi, non vorrei parlare di cose da cui al momento sono lontano…”.
Ma poi, Ruggero Razza, europarlamentare di Fratelli d’Italia si convince. Segue la chiacchierata, con un occhio a Palermo, tra l’Ars e Palazzo d’Orleans, e l’altro a Bruxelles.
Dunque, onorevole?
“Penso che non ci siano problemi non affrontabili. Il termine da qui alla fine della legislatura è lungo e si sta facendo un lavoro positivo. Vorrei mettere l’accento sulla comunanza politica tra il quadro nazionale e quello regionale. Ha già garantito risultati importanti e si può fare in modo che siano più intensi, a partire dai dossier sullo sviluppo economico sui quali si è lavorato molto”.
Lei è stato l’assessore alla Sanità del governo Musumeci. Non è che pure lei pensa, come l’onorevole Manlio Messina, al netto dei toni social, che i traguardi rivendicati dal presidente Schifani siano soltanto un’eredità della stagione precedente?
“Noi abbiamo affrontato cinque anni difficilissimi, tra pandemia, blocco della spesa, governi centrali ostili. Credo che oggi si stia complessivamente lavorando bene, beneficiando anche di un contesto messo già in ordine. Gli indicatori economici dicono che la Sicilia cresce ed è un fatto anzitutto legato alle politiche nazionali, come dimostra un andamento analogo in tutto il Mezzogiorno. Quando subentrammo al governo Crocetta, trovammo sette milioni appena di risorse europee certificate, non fu poca cosa invertire la rotta”.
Che giudizio dà del governo attuale?
“Ho una formazione militare e sono nato in una caserma dei carabinieri: conosco il rispetto della gerarchia e, quindi, non ritengo di avere il diritto a dare valutazioni. Oggi si va avanti con un metodo differente dal nostro, il che è legittimo perché due personalità diverse hanno priorità diverse”.
Il bis di Schifani?
“Siamo davvero molto lontani da questo dibattito e, ancora una volta, mi lasci dire che ho piena consapevolezza dei ruoli. Il mio non comprende valutazioni di questo tipo”.
Ma è davvero sicuro che non ci siano problemi gravi nella coalizione?
“Abbiamo bisogno di normalità. Ci sono stati degli screzi. Succede, è fisiologico. Ci si incontra e si trovano le giuste soluzioni. Non siamo un partito unico, c’è una coalizione che vince insieme e che deve pacificarsi da malumori antichi. C’è poi un buon rapporto tra parlamento e governo, grazie anche all’apprezzabile impegno di Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars, che ha mostrato equilibrio e sinergia, con il rispetto di maggioranza e opposizione”.
Tra protagonisti di un’inchiesta…
“Mi interessa il lato politico. Il presidente Galvagno sta lavorando molto bene, così come ‘Fratelli d’Italia’, con gli assessori che ha avuto ed ha, oltre che con i suoi parlamentari. E voglio ringraziare il commissario regionale, Luca Sbardella, perché si sta spendendo in prima persona nel rivendicare il nostro ruolo, quello del partito guida della coalizione che ha solo un obiettivo: fare crescere la Sicilia”.
I meloniani hanno assistito allo strappo di Manlio Messina, ora al gruppo misto.
“Spero sempre che torni il sereno perché noi siamo cresciuti con il senso della comunità, che è tale soprattutto nei momenti difficili. Oggi è facile guardare a destra, con l’impulso straordinario di Giorgia Meloni e con il lavoro che tutti i parlamentari e i dirigenti svolgono sui territori”.
Anche lei, onorevole, tra l’inchiesta sul Covid e quella sugli affidamenti illeciti, vado a memoria, è tra i protagonisti di una storia giudiziaria.
“Chi ha grandi responsabilità non deve avere il timore di essere giudicato. Anzi. Io ho già avuto, per le mie vicende, due provvedimenti definitivi: un’assoluzione dalla Corte dei Conti e un proscioglimento su richiesta della Procura. Residua una vicenda per la quale la Cassazione e la Corte Costituzionale hanno chiarito che non può esserci rilevanza penale e, come ha ricordato, il procedimento per il Covid, nel quale ho chiesto io il giudizio immediato. Sono molto sereno e attendo con fiducia”.
Le inchieste portano con sé sempre naturali polemiche e la conclusione dei procedimenti richiede tempo…
“Le ripeto: più grandi sono le responsabilità, più è giusto che siano accesi i riflettori. Ma devo ammetterle che l’unico grande dolore l’ho provato per i miei familiari, per chi ha la pazienza di attendere e per chi ha chiuso gli occhi senza avere questa possibilità. Ma resta in me la forza trasmessa in ogni momento da chi c’è e da chi non c’è più”.
Come si trova nella sua nuova veste?
“Sono concentrato sul mio ruolo in Europa, da componente di due commissioni parlamentari permanenti, sul budget e sulla salute, nonché presidente della delegazione per le relazioni con i paesi del Magherb. Sono focalizzato su questo, incessantemente, per agire al meglio. Non ho tempo per altro. Le polemiche di tizio contro caio non mi interessano e, anzi, capisco il ‘gioco’ ma mi infastidisce quando si parla di me a sproposito”.
Nota delle differenze con la politica di casa nostra?
“Si discute veramente nel merito, studiando i dossier, e c’è una grande fiducia nel valore comune dell’Europa in un momento molto difficile, in cui risalta il modo egregio con cui la presidente Meloni ha dato centralità all’Italia. L’Europa per la Sicilia è indispensabile, non solo per le risorse che arrivano, ma per la nostra centralità nel Mediterraneo. Avremo un difficile negoziato con la Commissione sulle politiche di coesione e sulle risorse per l’agricoltura: serve impegno e non sono ammesse distrazioni”.
Intanto, alle nostre latitudini, c’è chi come Carlo Calenda chiede di commissariare la Sicilia. Il suo parere?
“Non condivido affatto. La nostra regione ha piena capacità di risoluzione di tutti i nodi aperti e si trova accanto un governo nazionale che non si fa mai ripetere una richiesta perchè è costantemente disponibile. Magari l’avessimo avuto noi! Il sistema delle regioni, che è l’obiettivo di Calenda, deve essere rivisto e migliorato, questo lo condivido; ma la vis polemica non può essere sovrabbondante rispetto a un problema che esiste”.
C’è un grande dibattito sull’abolizione del voto segreto…
“Sono convinto che abolirlo sia una necessità. Lo disse già il presidente Musumeci. Usare questo strumento per indebolire l’azione di governo è storia vecchia. Nella scorsa legislatura la legge sui rifiuti, tema assai sensibile… Ma è come se non ci si sia adeguati al significato dell’elezione diretta del presidente, usando un contrappeso improprio perché quello ordinario dovrebbe essere legato all’azione legislativa più incisiva da parte del Parlamento. Tuttavia, temo non sia sufficiente solo abolire il voto segreto perché il sistema ha un altro problema: la lentezza nel riformare. Secondo me FdI dovrebbe rilanciare: non solo abolizione del voto segreto. Ma una modifica dello statuto che introduca il voto di fiducia. Non è certo un’eresia”.

