CATANIA – Attorno alle 7 di sera, davanti al Pronto Soccorso del Policlinico di Catania, ci sono tre ambulanze in attesa. Non c’è modo di sbarellare. All’interno del presidio d’emergenza di via Santa Sofia non ci sono più posti. Le facce, quel poco che si vede, dei medici e degli operatori sanitari sono stravolte. Fuori ci sono i parenti, a cui è stato detto di attendere. E loro aspettano notizie. Alcuni con la mascherina arrotolata sul collo fumano una sigaretta. Altri danno gli ultimi aggiornamenti al telefonino a chi è rimasto invece a casa.
Il Triage è off limits. La situazione è sull’orlo del precipizio. C’è chi tra i denti parla “addirittura di catastrofe”. I reparti covid sono totalmente pieni. Il sistema a fisarmonica di riconversione si è arrugginito. E la corsa ai posti è troppo lenta rispetto alla crescita di contagi. Ormai – per la legge dei grandi numeri – fuori controllo.
Al Pronto Soccorso i positivi, tutti con Cpap (casco con ossigeno), sostano diversi giorni. Quasi la totalità sono non vaccinati. Alcuni, tra le lacrime, si pentono della loro scelta. Altri, invece, nonostante i polmoni siano affamati d’ossigeno restano convinti no vax. “Noi siamo medici, a noi non importa se sono vaccinati o no vax. Noi vogliamo curare, però chiediamo di poter avere le condizioni per poterlo fare. Il nostro compito è salvare vite umane”, è lo sfogo di un camice bianco.
I medici dell’emergenza lanciano un appello al presidente della Regione e all’assessore regionale alla Sanità Razza: “A Palermo hanno installato un presidio medico avanzato, lo facciano anche qui. Servono soluzioni immediate”.
Chi opera per ore ore, bardato, nell’area covid esce stravolto. “Ogni giorno rischiamo di contagiarci anche noi. Anzi siamo consapevoli che lo riprenderemo. Ma così rischiamo anche noi di diventare vettori del contagio”, commentano.
“Chi dice che gli ospedali stanno reggendo, mente”. Questo il coro unanime di molti sindacalisti del settore sanitario. Ma basterebbe entrare in un pronto soccorso per comprendere che il sistema è saltato. Ancora una volta la macchina è partita in ritardo. Eppure le previsioni erano chiare. Ora si cerca di correre ai ripari. Ma bisogna fare presto.
“Noi non vogliamo fare gli eroi, noi vogliamo fare i medici. Che ci permettano di farlo”, ci confida qualcuno prima di varcare le porte e iniziare il turno di notte. Intanto i pazienti nelle ambulanze aspettano. Ancora. Il Pronto Soccorso: il limbo del covid.