Catania, la stagione del caos del solito centrodestra

Catania, la stagione del caos del solito centrodestra

Le denunce, le aggressioni e la fiction delle candidature.
LE ELEZIONI A CATANIA
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(Roberto Puglisi) Centrodestra, nuova stagione, come le precedenti. La mini-serie su Catania ricalca quella di Palermo, allacciata allo psicodramma per Palazzo d’Orleans. Il regista che sovrintende al consueto caos frazionista del centrosinistra deve essere passato a un altro set, lasciando il suo bravissimo aiuto di là, per movimentare un po’ i finali. Così, il Cdx si dilania, intorno al desco di una vittoria ritenuta prossima. Ma le faglie politicamente sismiche spuntano un po’ ovunque.

Ricordate? I cronisti che raccontarono la corsa palermitana per il sindaco furono tormentati, per settimane, dalla ridda degli eleggibili che alla fine si ridusse al trio Cascio-Lagalla-Varchi, prima della finalissima Cascio-Lagalla. Ormai, nelle frequentazioni dei palazzi, ci si salutava con i cognomi degli sfidanti. Uno diceva: “Cascio”, l’altro replicava: “Lagalla”. Notti insonni per decifrare il labiale del più disperso consigliere di circoscrizione che, però, giurava di esserci ai tavoli “che contano”. Telefonate continue, travestimenti da posacenere, in quelle riunioni affollate. Drappelli di giornalisti viaggianti che neanche all’Onu. Vinse Lagalla, che governa Palermo.

E poi la seconda stagione, il Musumecismo che dovette lasciare il posto allo Schifanismo, a malincuore. Il pessimo affare l’ha fatto, fino a questo momento, il Miccicheismo, dal suo fondatore, Gianfranco Miccichè, che incartò Musumeci, pensando di bissare con Schifani. Mal gliene incolse. E adesso Catania.

Riassunto delle ultime puntate precedenti, nell’affollamento dei papabili all’ombra del Liotru. Il politicamente redivivo Musumeci, chiacchierando con LiveSicilia.it, ammonisce: “Il centrodestra ha la grande capacità di sapere farsi del male da solo. Questo è un dato che nessuno può disconoscere. Da tempo avrebbe dovuto individuare per Catania un candidato sindaco credibile, riconoscibile e competente. Invece, si continua a balbettare in una sorta di toto-candidatura che ha superato, a mio avviso, ogni limite di tolleranza, proprio sul piano temporale”. E indica Ruggero Razza come occasione da non perdere.

Chissà perché, la leghista Annalisa Tardino si sente in dovere di puntualizzare: “Nel rispetto di una città del sud importante come Catania, ci siamo impegnati a proporre la migliore candidatura (quella di Valeria Sudano, ndr), anche sacrificando dirigenti storici della Lega, come Fabio Cantarella, che ha ricoperto lo stesso incarico di Sergio Parisi, il cui nome sembra circolare da giorni e che i catanesi ritengono debole. Senza una valida soluzione su Catania e stante il mancato rispetto delle intese già prese ad opera di altri, mercoledì la Lega non sarà presente al tavolo del centrodestra. Unità e responsabilità devono appartenere a tutti”. Dal canto suo, il meloniano Donzelli conferma quel sentimento unitario. Che non si è mai visto.

Intanto, il cantautore Mario Venuti, descrive una porzione disperata della città reale, dopo il racconto di una aggressione: “Catania è una città in mano ai delinquenti“. Parole – queste con altre – che dovrebbero portare a una riflessione approfondita sulle cose che veramente servono, più che sugli spartiti della propaganda elettorale. Ma a qualcuno piace la fiction. 


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