CATANIA. Ci sono notizie nella vita di ognuno di noi di cui, anche a distanza di anni, ricorderai per sempre. Per un particolare. Per un luogo. Per quell’azione che stavi compiendo nel momento in cui si materializzavano. Quella sensazione di impotenza che pietrifica. Che ti inchioda. Che gela in pochi attimi l’ottimismo di una famiglia e di un’intera comunità alle porte della bella stagione. Una città che, pur nelle sue molteplici contraddizioni, all’unanimità aveva sperato sin da subito per quelle manine, per quel respiro attaccato ai macchinari di una Rianimazione sin dalla nascita. Da quel 23 aprile sono passati 8 lunghi anni. E il papà della piccola Smeraldina, Giuseppe Camiolo, è sempre pronto a ricordarla. Con la delicatezza e la dolcezza di chi conosce bene cosa vuol dire la parola amore. Cosa vuol dire andare avanti nonostante tutto.
A otto anni dalla scomparsa di Smeraldina, ci sono delle immagini, delle parole o emozioni che sono riuscite a superare il potere del tempo di affievolire le cose?
“L’idea che i grandi dolori, quelle frecce appuntite che trafiggono cuore, possano essere smussate dal tempo è una delle più false verità della vita. Ogni anno, l’avvicinarsi del 23 aprile, significa per noi ritornare indietro a quel giorno, ritornare ad una tragedia che è diventata per la nostra famiglia una grande lezione di vita”.
Uno dei dolori peggiori nella vita di un padre e di una madre è senza dubbio la perdita di un figlio. Come siete riusciti a sopravvivere a tale mancanza?
“Sicuramente la forza più grande ce l’hanno data i nostri figli Nicolò e Alice, che convive con la mancanza di una sorella gemella e con tutto ciò che concerne il rapporto simbiotico. A Smeralda, il giorno in cui le sono state regalate le ali, con mia moglie Valeria abbiamo fatto una promessa: impegnarci per tutta la nostra esistenza a fare sorridere i suoi fratelli. Lavoriamo quotidianamente a questa mission e credo che i nostri figli siano dei ragazzi sereni e soprattutto con i valori che riescono a fare la differenza nella vita. Inoltre ci accompagna sempre una certezza, quella che Smeralda sia una presenza continua, abbiamo imparato insieme a staccarcene fisicamente e a viverla col cuore”.
Nicolò e, in particolar modo, Alice sono riusciti a dare un senso all’esistenza di Smeralda nonostante la loro inconsapevolezza dovuta alla tenera età?
“Quando sono nate Alice e Smeralda, Nicolò aveva appena 16 mesi. Negli anni abbiamo affrontato la storia di Smery rispettando le loro età, tentando di trattare un fatto innaturale paradossalmente nel modo più naturale possibile. Pensa che quando, dopo anni trascorsi nella Rianimazione del Garibaldi Nesima, siamo riusciti a trasferire Smeralda a casa creando un ambiente consono ad una bambina così fragile dal punto di vista medico, Alice era solita lasciare tutte le sere dei giochini accanto al letto della sorellina convinta che, se si fosse svegliata durante la notte, avrebbe trovato dei peluche pronti ad accoglierla. Successivamente abbiamo spiegato ai nostri figli che la sorellina era volata in cielo e avrebbe per sempre protetto tutti noi. È chiaro che più cresceranno e più sarà giusto dare loro delle risposte trattandoli da adulti e non più da bambini”.
Da quel 23 aprile è cambiata la prospettiva con la quale affrontate la vita?
“Di solito tragedie così dolorose tendono a creare delle crepe all’interno delle famiglie, spesso irreversibili. Io e Valeria prima eravamo due giovani che si apprestavano a diventare genitori con consapevolezza, con tutte le paure e le gioie del caso. L’evento ci ha fatto comprendere quanto sia preziosa la vita, nella sua semplicità. Carpe diem, adesso tendiamo a vivere le giornate senza rinviare a domani le azioni che è possibile svolgere nell’immediato, soprattutto cercando di non farci schiacciare dalle paure. Ci saranno sempre problemi da risolvere, tanto vale affrontarli ricordando di volersi bene perché solo così è possibile essere utili anche agli altri.
Nel momento in cui Smery è andata via, viaggiare è stata la nostra terapia. Stiamo cercando di inculcare ai nostri figli la cultura del diverso come valore. A loro che, sin dalla nascita, hanno dovuto convivere con il tema della disabilità, in un mondo in cui purtroppo su certe problematiche vi è ancora tanto da lavorare”.
Noi di LiveSicilia, nel nostro piccolo, non smetteremo mai di dimenticare Smeraldina, da genitore hai mai pensato di realizzare un progetto che mantenga vivo per sempre nella società il ricordo della piccola guerriera?
“Ci abbiamo riflettuto parecchie volte ma, per il momento, in comune accordo con Valeria, abbiamo preferito aiutare in nome di nostra figlia e con le nostre forze piccole realtà, famiglie in difficoltà o chi purtroppo come noi vive una perdita affettiva così grande. Più avanti, sicuramente, se ci saranno iniziative che considereremo valide saremo ben lieti di sposarle. Ogni anno Smeralda continua ad essere viva nella memoria di molti, dal Calcio Catania a chi scrive un pensiero sulla pagina Facebook in onore suo”.
A me capita di ricordarla tutte le domeniche quando porto mia figlia a giocare alla villa Bellini.
“Avrai allora notato che non mancano mai dei fiori freschi proprio in quella piazzetta dedicata alla mia piccola. E quando mi trovo fuori Catania c’è sempre qualche amico che spontaneamente si presta a farlo al posto mio. E questo perché Smeralda, nel suo breve passaggio su questa terra, ha fatto un miracolo: unire persone che non si sono mai conosciute ricordandoci che bisogna vivere mettendo al primo posto il cuore”.