Cateno come Totò? Così siciliani, così simili, così diversi...

Cateno come Totò? Così siciliani, così simili, così diversi…

Trovate le differenze. E le similitudini...

Perché una moltitudine lo ha eletto a suo riferimento inemendabile? Cioè, ‘Scateno’ è fatto come tutti sanno. Se non esagera con i toni, se non offende qualcuno, se non si fa saltare la mosca al naso, non lo riconosci e sembra un prodotto contraffatto. Solo quando scatta il ‘vaffa’ in salsa messinese, sospiri: “Miii, vero lui è”. Ma come mai succede che un simile tarantolato, ricoverato in ospedale per un malore, susciti un robusto, vicino e partecipe vento di apprensione generale? Perché tanti si sono chiesti, nei giorni scorsi: come sta Cateno De Luca?

Riformuliamo il quesito, vostro onore. Se è talmente impresentabile, come sostengono alcuni, se non si può invitare alle feste perché, prima o poi, dà di matto e rovescia il tavolino con le paste, se esagera… come mai molta gente lo segue e gli vuole bene, compresi i tanti che si sono riversati dalle parti della corsia e che sono stati tenuti a bada da un cortese, ma fermo, comunicato dissuasivo? Il potere non c’entra o c’entra fino a un certo punto, perché ‘Scateno’ le elezioni le ha perse.

E ritorna in mente un altro personaggio: quel Totò Cuffaro che, all’indomani dall’uscita dal carcere, venne quasi portato in trionfo da una popolazione affettuosissima. E, anche lì, non era un discorso di potere, essendo Cuffaro al culmine della sua impotenza politica. E risultando, ad alcuni di quella schiera, assai più simpatico di adesso, mentre si affanna per trovare un posto al sole per la sua Dc.

Né al candidato di Fiumedinisi, né all’ex governatore di Raffadali, condannato per mafia e ora ‘riabilitato’ dal punto di vista penale (leggi qui), l’accostamento piacerebbe. infatti, sovente si ‘beccarono’. Hanno biografie umane e giudiziarie distantissime. Di mezzo c’è, appunto, una condanna per mafia (Cuffaro) che rappresenta una differenza – e un peso – non aggirabile. Ma poi c’è il punto involontario d’incontro e di contraddizione che non risiede nelle loro vite lontanissime, che sta, piuttosto, nella capacità di suscitare un consenso che è emozione, prima che calcolo, o interesse. Perché allora?

Perché (forse) sono entrambi e diversamente siciliani, in quanto tali annusabili e identificabili. Totò, con i suoi baci sulle guance, nel monumento personale e rasserenante dell’accomodamento. Cateno, con quel suo agitarsi da Vespri e da rivolta. Intimamente connessi, l’uno e l’altro, a stratificazioni culturali che sono, al tempo stesso, identità, riscossa, colpa, tentativo di riscatto e stigma.

E poi perché entrambi sanno cos’è il dolore e lo mostrano, in un riflesso che finisce con il condividere l’affanno altrui. Cuffaro con quell’eco di chiavistelli, negli occhi, che non lo abbandona mai. Cateno per la sua rabbia che nasce dal suo dimenarsi, da un’intima e lacerante pena, esemplarmente raffigurata. E c’è, talvolta, una condanna maggiore dell’essere siciliani? (Roberto Puglisi)


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